Tra magniloquenza e metacinema
Presentato e premiato al 74° Festival di Cannes, Annette è il primo film in lingua inglese di Leos Carax, che qui firma una sorta di opera rock con cui intende offrire al pubblico un grande spettacolo cinematografico, come annuncia anche nel prologo.
Il regista francese racconta la storia d’amore tra Ann, una cantante pura e celestiale, ed Henry, un stand-up comedian dall’animo oscuro. Una relazione dalla quale nasce Annette, bambina con caratteristiche fisiche e vocali molto particolari. Il nucleo familiare andrà in crisi quando la carriera di Henry subirà una frenata a causa di alcune denunce per molestie.
Se la storia ha una struttura piuttosto elementare che tocca punti tematici e narrativi a dir poco consolidati (la luce, le tenebre, il successo, il declino, lo sfruttamento, la gelosia, ecc.), la messinscena è invece mirabolante e complessa, ricca di movimenti di macchina, piani sequenza, scenografie palesemente artificiali e personaggi vistosamente costruiti, in primis la stessa Annette, rappresentata come un burattino di legno. Una serie di elementi che dà vita a un film articolato che vuole stupire e coinvolgere il pubblico e che al tempo stesso intende riflettere sui meccanismi dello spettacolo, criticando i suoi aspetti economici e mediatici, svelando la costruzione che c’è dietro l’immagine e l’immaginario e omaggiando la capacità attrattiva dell’arte.
Tutto ciò rende Annette un’opera assolutamente in linea con il cinema di Leos Carax, autore che con titoli come Rosso sangue e Holy Motors ha spesso portato avanti delle riflessioni metatestuali.
Se sul piano concettuale, l’opera – pur inferiore alle precedenti – è accettabile e compatta, su quello spettacolare risulta invece piuttosto deludente, nonostante la capacità tecnica dimostrata dal cineasta, la bravura di Marion Cottilard e Adam Driver, la buona colonna sonora degli Sparks e l’intensità di alcuni momenti. Infatti, a causa dei troppi elementi kitsch e di un’imperfetta gestione dei tempi di alcune scene – inutilmente lunghe e sfiancanti – il grande spettacolo tanto annunciato all’inizio risulta spesso più pomposo che abbagliante, facendo fatica a decollare per davvero.
Questo anche perché Carax sembra non riuscire a trovare il giusto equilibrio tra intenti puramente spettacolari e riflessioni intellettuali, con la conseguenza che a farne le spese siano proprio i primi.
Fattori che rendono Annette un film più ambizioso che riuscito, magari interessante sul piano teorico e notevole in alcune sue singole parti, ma troppo disorganico e contradditorio per essere davvero soddisfacente.