SPECIALE JOHN LE CARRÉ
Amaro, come la vendetta
Il passato è una carogna piuttosto imprevedibile: a volte scivola via senza preavviso e senza troppi riguardi, altre è semplicemente troppo ingombrante per essere lasciato indietro e dimenticato. Per George Smiley è un fantasma con cui convivere, riesumato perché ancora troppo legato al suo presente.
Un tempo spia, ormai in pensione, Smiley è un signore riservato, un vecchio elefante solitario, appesantito, grigio e fragile, nuovamente richiesto sul campo a causa dell’omicidio di un generale estone collaboratore del servizio segreto britannico, di cui il nostro è stato a capo per anni. Nuove tessere vengono aggiunte ad un puzzle che risulta ancora incompiuto, colleghi da interrogare, l’intera Europa da passare al setaccio. Il pericolo più grande per un veterano come Smiley non è quello di finire in gattabuia, essere rapito o beccarsi una pallottola in piena pancia, sarebbero solo scocciature rimediabili. Il vero rischio è quello di rimanere invischiato nell’indagine, agguantato per le caviglie e risucchiato in affari più fatali di un banco di sabbie mobili. Questo suo caso lo porta a confrontarsi un’ulteriore volta con un avversario già studiato, il quale ha ancora un asso nella manica per convincere il pacato inglese a lasciare la sua mediocre routine per prendere di nuovo parte alla partita. L’indagine scorre lenta, misurata, dipanandosi lungo sei episodi densi, una storia di certo intricata ma mai dispersiva o incomprensibile. Per quanti personaggi, accenni, luoghi, fatti vengano tirati in ballo, la sensazione percepita è quella di un costante ordine sovrano che tiene le fila del discorso senza ingarbugliarlo, lo fa progredire, lo amplia tenendolo sempre a bada, il guinzaglio corto per impedirgli di correre via e di conseguenza perdere se stesso. Lo spettatore viene preso per mano e costantemente condotto, accompagnato fino alla risoluzione finale, altrettanto pacata, elegante e malinconica com’è stata l’indagine, come lo è d’altronde il protagonista. Una risoluzione che lascia un pungente sapore amaro, che tappa la bocca alla morale per raggiungere una vittoria controversa. Nominata a dieci BAFTA nel 1983 e vincitrice di quattro, compresi Miglior Attore per Alec Guinness e Miglior Attrice per Beryl Reid, Tutti gli uomini di Smiley rimane fedelissima all’omonimo romanzo da cui è stata tratta, l’ultimo della cosiddetta “Trilogia di Karla” strutturata con maestria da John le Carré, qui anche in veste di sceneggiatore. Lui stesso agente segreto del Secret Intelligence Service, è stato capace di dar vita a un eroe controcorrente, così sottotono rispetto a molti altri suoi aitanti colleghi da venir quasi sottovalutato, e di sicuro non può esserci errore più grande.
Tutti gli uomini di Smiley [Smiley’s People, Gran Bretagna 1982] REGIA Simon Langton.
CAST Alec Guinness, Eileen Atkins, Bernard Hepton, Michael Byrne, Tusse Silberg.
SCENEGGIATURA John le Carré, John Hopkins (tratta dall’omonimo romanzo di John le Carré). FOTOGRAFIA Kenneth MacMillan. MUSICHE Patrick Gowers.
Drammatico/Spionaggio, durata 60 minuti (episodio), stagioni 1.