Il 2018 è stato un anno di cinema centrifugo, diretto in tutte le direzioni, che ha parlato prevalentemente di altro per parlare del qui e ora. Torna prepotente il cinema in costume, quasi avesse trovato una formula per non essere solo una rievocazione. Torna il thriller classico, solido e senza eccentrismi. Ritorna il cinema di formazione, ma abbassando il punto di vista ad altezza di ragazzo. E ovunque lo spirito e la materia siano in conflitto, c’è sempre una macchina da presa che vuole ascoltare, per poi raccontare.
Quella che segue è una selezione di film non usciti (finora) in Italia ma che consigliamo a chiunque voglia avere una visione grandangolare sul cinema contemporaneo
1. Zama (Lucrecia Martel)
Le allucinazioni dell’Occidente onnivoro sono raccolte in un uomo solo, Don Diego de Zama, alla fine di un’epoca. Dove il ritorno sembra l’unica direzione e la nostalgia l’unico vento, la paralisi degli eventi è il mostro più temuto. Ma Don Diego non si difende e non agisce, consumato da un tossico senso di colpa placato solo da piccole esenzioni dalla moralità.
2. First Reformed (Paul Schrader)
Ozu, Bresson, Dreyer: un celebre libro di Schrader è qui messo in pratica. L’eterno e il quotidiano non hanno più distinzione e camminano in una chiesa vuota, rievocando quei maestri del cinema e il Cinema stesso in cerca di vocazione. Il coronamento di una carriera enorme.
3. Burning (Chang-dong Lee)
Si resta col fiato in gola molte volte al cinema, ma con questo film si dimentica di avere il fiato. Il mistero, la rabbia, l’ambiguità: tutto viene portato ai livelli del sublime. Il finale è un ritorno al respiro, all’umano, a quell’ordine che ora sarà per sempre segnato da un’ombra.
4. Sophia Antipolis (Virgil Vernier)
Nell’omonima cittadina alto-borghese della Costa Azzurra uomini e donne si confrontano con la soddisfazione, sempre procrastinata, dei propri desideri. L’angoscia rappresentata senza patemi, sussurrata negli sguardi che non sanno dove posarsi o liberata in gesti impulsivi e radicali.
5. Eighth Grade (Bo Burnham)
La vita reale e virtuale di Kyla, duplice ma contraddittoriamente unica. La sua timidezza usata come schermo offensivo, che raramente arriva in sala talmente forte e talmente disperata. È la fine della scuola media, allo stesso tempo traumatica e naturale, vista da occhi acuti, che guardando l’età adulta guardano già un po’sé stessi.
Da anni si dice che la tv non abbia più niente da raccontare, poco da dire. È una tv poco originale, poco creativa, che dimostra di aver bisogno di un rinnovamento. Ciò non è avvenuto nel 2018 che è stato l’anno della celebrazione, declinata come un’operazione nostalgia che riporta alla luce, dopo molti anni, programmi cult della tv del passato: pensiamo a La Tv delle ragazze – Gli Stati generali 1988-2018 ma anche a Indietro tutta! 30 e l’ode. Con queste operazioni appare chiaro che mentre il passato buca ancora lo schermo, è il presente a farlo meno. A rendere un programma vincente è il suo protagonista, soprattutto quando quest’ultimo cuce addosso a sé il progetto. Questo è il caso sicuramente di Maurizio Crozza che con il suo Fratelli di Crozza riesce, anche nella 2a edizione, a fare centro, lo stesso vale per Enrico Mentana che ha costruito in Italia un genere, la #MaratonaMentana: è lui ad essere l’Evento non l’evento in sé.
1. Maratona Mentana
La #MaratonaMentana è il più bel programma dell’anno. Che Mentana parli delle elezioni italiane o delle elezioni midterm americane tiene incollati gli spettatori. Tutto si concentra proprio su di lui che è capace sempre di raccontare qualunque cosa rendendola un evento, come solo un anchorman sa fare.
2. Tv Talk
Tv Talk è uno dei programmi più godibili della tv per coloro che sono interessati a smembrare e conoscere programmi e dati. È fatto per chi ama, studia e fa tv, per chi vuole scoprire legami tra tv italiana e straniera, per chi vuole vedere il piccolo schermo visto da addetti ai lavori e da un punto di vista diverso.
3. La TV delle ragazze – Gli Stati Generali 1988-2018
La TV delle ragazze rappresenta bene l’operazione nostalgia che è cifra stilistica di quest’anno televisivo. Si costruisce, volente e nolente, come celebrazione di un cult che fa sorridere ancora con quelle ragazze di un tempo, dimostrando quanto era bella la tv e quanto ancora si possa fare.
4. Indietro tutta! 30 e l’ode
Il programma segna il ritorno di Indietro tutta! a trent’anni dalla sua messa in onda. Indietro tutta! 30 e l’ode è una celebrazione ma non una malinconica commemorazione, vuole ricordare e raccontare cosa è stato quel programma. Da vedere per sapere cosa dovrebbe essere la tv.
5. Fratelli di Crozza
Dopo la 1a edizione di Fratelli di Crozza, il comico torna con il suo programma riconfermandosi un buon esempio di tv. Grazie alla sua capacità autoriale, riesce a calarsi totalmente nell’oggi, analizzando tic e anomalie umane. Da vedere per sorridere con “inciuci”, “politica disinvolta” e mal governo.
È sempre difficile isolare le 5 migliori serie TV dell’anno, o meglio, 5 tra le imperdibili, in un settore che vive di moltiplicazione di oggetti, modalità di distribuzione, formati: episodi brevi o lunghi, miniserie conclusive o traiettorie apertissime, di settimana in settimana o consumabili tutte insieme, reperibili in Italia oppure no. Il primo passo è scegliere un criterio: in questo caso ci concentriamo sulle novità del 2018, ovvero le serie che hanno esordito con la prima stagione durante l’anno che sta per finire, tralasciando invece quelle arrivate a stagioni successive, alcune delle quali altrettanto ottime e importanti, ma che meriterebbero un’ulteriore classifica: Glow, Atlanta, The Marvelous Mrs. Maisel, The Good Fight, Better Call Saul. Per quanto riguarda le novità, il 2018 è stato un anno meno ricco di prodotti stellari, ma contraddistinto da alcuni interessanti exploit, talvolta inaspettati, come nel caso di Wild Wild Country, altre volte rischiosi e sperati, come L’amica geniale.
1. Pose (Steven Canals, Brad Falchuk, Ryan Murphy, 2018)
Una storia di assoluta non conformità raccontata con i codici tradizionali del drama: solo Ryan Murphy e soci potevano conciliare la ball culture e Flashdance, un approccio militante con la fiaba natalizia. Con il più numeroso cast transgender e non bianco mai visto finora, Pose ci ricorda che è non solo possibile, ma a volte anche necessario, rivendicare l’interconnessione totale tra aspetti creativi e politici.
2. Barry (Alec Berg, Bill Hader, 2018)
L’ex-soldato Barry gestisce un PTSD non diagnosticato tra la professione di killer e la scoperta casuale del teatro: una serie che inizia come una black comedy, vira verso note struggenti, diventa dramma, con un equilibrio perfetto veicolato dalla precisione inaspettata dell’arco narrativo e dalla prova attoriale di Bill Hader, che oltre a scrivere la serie dimostra di essere un interprete fenomenale. Bonus: un Henry “Fonzie” Winkler in un ruolo che gli calza a pennello.
3. Wild Wild Country (Chapman Way, Maclain Way, 2018)
Una delle sorprese dell’anno: chi si sarebbe aspettato che una serie documentaria sulla comunità New Age di Osho potesse essere anche un incredibile thriller politico? E che in un prodotto promosso come “una serie su Osho”, il guru finisca per essere un personaggio meno che secondario, di fronte alla grandezza diabolica di Ma Anand Sheela?
4. L’amica geniale (Saverio Costanzo, 2018)
L’operazione complessa di riportare in immagini la potenza sottile dei romanzi di Elena Ferrante può dirsi riuscita. Nonostante qualche scelta discutibile, la serie riesce nella trasposizione degli elementi di maggior forza: la violenza come ambiente fisico ed esistenziale, la complessità stratificata del legame tra Elena e Lila, l’emancipazione culturale e sociale e la questione di classe sottesi a tutta la quadrilogia. Ed è solo l’inizio. Anche gli spettatori, una volta tanto, hanno premiato lo sforzo.
5. Le terrificanti avventure di Sabrina (Roberto Aguirre-Sacasa, 2018)
La nuova versione super dark delle avventure della strega adolescente Sabrina è esemplificativa di quanto il genere teen, spesso ingiustamente snobbato, sia una delle forme più attuali e interessanti. Sabrina sfrutta con intelligenza il materiale narrativo stregonesco per ragionare di testardaggine adolescenziale, sfida all’autorità, religione e patriarcato. Sperando in una seconda stagione che sviluppi ancora meglio i promettenti personaggi secondari.
Cinque frammenti, cinque grandi opere che testimoniano la varietà di un mondo, quello del fumetto e delle graphic novel, in continuo fermento. Cinque consigli, non esaustivi e inevitabilmente parziali, sospesi tra passato e presente, tra recuperi imprescindibili e nuove forme e proposte. Ci sono riscoperte clamorose (Doré), grandi ritorni (Giardino), autori affermati che non smettono di sorprendere (Pedrosa), prospettive inedite (Gipi) e autori testimoni delle nuove tendenze e in grado di segnare il passo (Gerasi). Per le vostre letture, natalizie e non.
1. Jonas Fink (Vittorio Giardino, Rizzoli Lizard, 2018, 335 pagine)
Di dichiarata ispirazione neorealista, l’ultimo capitolo dell’opera di Vittorio Giardino con protagonista Jonas Fink è al contempo forte e delicato, impulsivo e riflessivo, suggestivo e quotidiano: un uomo comune che si fa Storia, un personaggio che muove le piccole cose incrinando le grandi.
2. L’età dell’oro (Cyryl Pedrosa, Bao Publishing, 2018, 232 pagine)
Un espressionismo picaresco, una tavolozza di colori limitata ma satura e sufficiente, dei personaggi ultraindividualizzati e tanta tanta leggerissima fascinazione. Il ritorno di Pedrosa ci riporta indietro nel tempo, ma non in un tempo definito: nel tempo dominato solo dai classici e dalle fiabe.
3. Boschi mai visti (Gipi, Coconino Press, 2018, 220 pagine)
Un’antologia delle opere di Gipi dal 1994 al 2003. Boschi mai visti è un viaggio emozionante tra le prime storie dell’autore e le tavole che ne hanno costellato l’evoluzione artistica. Coconino le ripropone per la prima volta in unico volume e il risultato è una passeggiata tra sferzanti radici espressive.
4. Un romantico a Milano (Sergio Gerasi, Bao Publishing, 2018, 176 pagine)
Sergio Gerasi racconta la storia di un sognatore novello bohemien, Drogo, che si aggira in una Milano anonima ma allo stesso tempo affascinante. La potenza del tratto moderno dei disegni, realisti e identificabili di un’onda autoriale a cui il fumetto contemporaneo ci sta sempre più abituando, dove anche i colori delle tavole possono nascondere un ben più alto significato, ne fanno un lavoro prezioso.
5. Storia pittoresca, drammatica e caricaturale della Santa Russia (Gustave Doré, Eris Edizioni, 1854/2018, 120 pagine)
Risale al 1854 questa picaresca e feroce opera che getta una nuova luce sulla preistoria del fumetto. Magniloquente satira con cui Doré immagina col sorriso sulle labbra e gli artigli sulle unghie una fantasiosa e ironica storia della Russia all’insegna del grottesco e del ridicolo. Imprescindibile.
Si consideri questa Top Five non tanto come classifica ma come lista di suggerimenti, cinque casi di esperienze ludiche e narrative rilasciate nel 2018 (o nel dicembre 2017) a dimostrazione dell’ormai raggiunta maturità e complessità del medium “videogioco”, speso lontane da quelle offerte dalla grancassa mediatica. Si noterà infatti che, tranne alcuni casi di multipiattaforma, i giochi citati sono tutti nativi per PC, e non compaiono titoli pur importanti come Detroit: Becoming Human o Red Dead Redemption 2. Non si tratta di snobbismo verso le altre piattaforme (per il mobile in realtà un po’ sì), ma del fatto che attualmente è il PC, nonostante una forte saturazione dell’offerta (Steam pubblica circa 200 giochi alla settimana), a dimostrarsi come luogo privilegiato per la sperimentazione videoludica, anche grazie all’introduzione sul mercato (dal 2016) della realtà virtuale, che nonostante la sua giovinezza, la relativa scarsità di contenuti e l’elevato costo dei componenti, dimostra grandissime potenzialità di sperimentazione ludica e narrativa che portano ad essere ottimisti verso il futuro.
1. The Return of Obra Dinn (Lucas Pope, PC, 2018)
Il secondo gioco di Lucas Pope, dopo il pluripremiato Paper, Please, conferma le sue doti con un’appassionante detective story ambientata nel 1800 da risolvere tramite meccaniche di riavvolgimento del tempo, allucinante nella sua grafica “puntinista” in scala di grigi. Ancora un gioco di questo livello e possiamo considerare Pope un genio seriale.
2. Into the Breach (Subset Games, PC/Nintendo Switch, 2018)
Dopo il roguelike FTL, Subset Games propone uno strategico a turni fantascientifico (mech contro insetti alieni giganti), deliziosamente cervellotico nelle sue meccaniche debitrici dei German Board Game. Curatissima pixel art e rigiocabilità infinita.
3. Riot – Civil Unrest (Leonard Melchiari/IV Produzioni, Early Access, PC, dicembre 2017)
Un RTS che simula, da un punto di vista storico e grafico (con la pixel art che rimedia immagini reali), i principali scontri urbani degli ultimi 20 anni, dai fatti alla Diaz a piazza Tahir. Un editor permette di creare e condividere livelli personalizzati a partire dalle proprie immagini e testimonianze, proponendo una versione inedita di racconto giornalistico.
4. Accounting+ (Crows Crows Crows/Squanch Games, HTC Vive/Oculus Rift/PlayStation VR, 2018)
Delirante “nightmare adventure comedy” in VR di Justin Roiland (Rick & Morty) e William Puck (The Stanley Parable), ricolma di situazioni non-sense e citazioni pop a gogò. Un must per gli amanti del demenziale dotati di visore per la realtà virtuale.
5. The Way of Life (Cybercoconut, PC, 2018)
Non riuscitissimo ma molto apprezzabile progetto italiano (dei milanesi Cybercoconut), che vuole far ripercorrere al giocatore (e indirizzare con le proprie scelte) gli eventi principali di una vita (amori, litigi, fallimenti, sogni…) sotto tre punti di vista, da bambino, da adulto e da anziano, tramite una trentina di minilivelli che spaziano dal platform al rompicapo al walking sim.