Times are changing
Ci sono molte ragioni per considerare The Deuce, la serie firmata per HBO dai veterani David Simon e George Pelecanos, uno dei migliori prodotti tv della stagione, e non solo.
Già autore dell’imprescindibile The Wire, in cui Baltimora diventava il teatro più che realistico dei rapporti di forza tra polizia e mercato della droga, con questo ulteriore passo avanti Simon coniuga il gusto per un racconto sociologicamente stratificato all’approccio testimoniale del sodale Pelecanos: quello ricreato intorno alla “Deuce”, il nome che i newyorkesi di inizio anni Settanta avevano affibbiato alla 42ª strada di Manhattan, vicino a Times Square, è un mondo straordinariamente evocativo, che accanto al suo valore di documento storico accurato e onesto, ha l’enorme pregio di dispiegare uno sguardo umanista e romanzesco verso i propri personaggi e il loro continuo incrociarsi tra marciapiedi, bar, grindhouse e bordelli. Al centro della vicenda c’è il racconto corale e multifocale di un quartiere in rapida trasformazione, dove le figure dei gemelli Martino e della prostituta imprenditrice di se stessa Eileen “Candy” Merrell – per citare soltanto i personaggi affidati agli straordinari James Franco e Maggie Gyllenhaal – si mescolano senza soluzione di continuità a tutte le altre anime di questo vibrante ritratto urbano: le molte donne che a ogni ora del giorno offrono sesso a pagamento (le loro vite, i loro pensieri); la sfaccettata schiera di papponi e protettori che grava sulle loro spalle; la malavita pronta a investire sul mercato immobiliare per assecondare gli interstizi che la legislazione sull’industria pornografica sta sempre più velocemente concedendo; gli stessi set cinematografici a luci rosse, luogo di emancipazione dei corpi e delle menti (una delle più belle lezioni di regia che la tv abbia mai regalato); e naturalmente il sottobosco di poliziotti, spesso corrotti, e giornalisti, spesso assetati di un ruolo sociale, che completa un quadro ben più grande del singolo individuo e delle sue scelte. Si entra a poco a poco nell’universo della serie, si accompagnano i suoi protagonisti lungo destini non necessariamente segnati in partenza: ben lontana dalla cultura del binge watching, The Deuce ha l’enorme merito di rivendicare il proprio tempo e i propri spazi, con il risultato di filtrare, entro una scrittura di affascinante naturalezza, una complessità politica e umana ormai rara in televisione. Un condensato di immaginari talmente ben dosato da valicare il semplice omaggio a un’epoca (e al suo cinema), per restituire tutta l’urgenza di precise domande sul rapporto tra i sessi, sulle pulsioni sociali e psicologiche che lo alimentano, entro quella cultura capitalista – non solo statunitense – che ancora sappiamo lontana dall’essere risolta.
The Deuce [id., USA 2017] IDEATORI David Simon, George Pelecanos.
CAST James Franco, Maggie Gyllenhaal, Gbenga Akinnagbe, Chris Baure, Gary Carr.
Drammatico, durata 60-84 minuti (episodio), stagione 1.
No vabbé… l’autore di The Wire più James Franco più ambientazione anni ’70!! Improvvisamente diventa la prima serie da vedere, in cima alla lista!
Ha uno stile “quality” per come lo si intendeva 10 anni fa (e non è un difetto). Da un lato è prevedibile (e non è un difetto), dall’altro ci ricorda i cambiamenti stilistici che sono avvenuti nella serialità. In questo senso sto guardando The Deuce con un velo di nostalgia; la stessa che ho di fronte a This is Us (questa però rimanda a un ritorno del televisivo in senso stilisticamente opposto).