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In questo numero

Il trono di spade – Season 8

sabato 1 Giugno, 2019 | di Chiara Checcaglini
Il trono di spade – Season 8
Serie TV
3
Voto autore:

!!!ATTENZIONE: qualche spoiler!!!

Fine delle trasmissioni
«La fine di un’epoca televisiva». Sui magazine italiani e internazionali è stata salutata così la stagione finale di Il trono di spade, premonizione forse eccessiva ma che rende bene il peso culturale della conclusione dell’ultima tra le serie contemporanee a coniugare un successo mainstream e trasversale con modalità relativamente tradizionali di distribuzione e fruizione: production value altissimo, un episodio alla settimana, sulla TV a pagamento in USA e in Italia (HBO e Sky Atlantic).

Si arrivava all’inizio di questa ottava stagione con la consapevolezza che la serie avrebbe dovuto affrontare i due principali filoni narrativi, quello soprannaturale e quello politico: da un lato il Night King, con drago-zombie ed esercito di white walkers provenienti dall’estremo nord, dall’altro il toto-trono, ulteriormente complicato dalla (ampiamente prevista) rivelazione della vera identità di Jon Snow alla fine della settima stagione.
Archiviata la prima minaccia alla terza puntata, in The Long Night, l’episodio più ambizioso della stagione e forse della serie, per la pluralità intrecciata di punti di vista e le complicate scelte visuali (e sinceramente più teso ed emozionante del vero finale), il resto sconta la meccanicità di risoluzioni frettolose e dimenticanze: qualcosa si può perdonare, di fronte all’impresa mastodontica di dover tenere insieme linee narrative centrifughe e almeno una decina di personaggi che possono essere considerati protagonisti; altro no, come lo sgretolamento per finalità narrative di caratterizzazioni costruite nel corso di decine di episodi. Tra i casi più eclatanti Jaime Lannister, fatto riprecipitare al punto di partenza dopo un lungo e interessantissimo percorso di evoluzione identitaria ed emotiva; Tyrion, la mente più brillante di Westeros, che cade in un errore strategico dietro l’altro; e naturalmente Daenerys, protagonista di un’accelerazione negativa che nel migliore dei casi è giustificata da tensioni di sei stagioni fa, nel peggiore ha il sapore della svolta revisionista, sia essa colpevolmente intenzionale o conseguenza dell’incapacità degli autori di padroneggiare il racconto. È un misto tra banale prevedibilità e sensazione pressante che si poteva alzare il tiro, osare di più.
Tra questi repentini cambiamenti di personalità e scelte pavide che evitano ogni sovvertimento – ed evidenziano deludenti battute d’arresto in termini di rielaborazione di tropi fantasy e decostruzione degli stereotipi – risaltano gli episodi visivamente più straordinari (la regia di Miguel Sapochnik è la prima che gli spettatori hanno imparato a riconoscere, associandola già dai credits alle agognate puntate di battaglia) e singoli momenti di lucidità narrativa: il percorso comunque coerente di Arya e le focalizzazioni strategiche sul suo punto di vista; la notte prima della battaglia, in 8×02, A Knight of the Seven Kingdoms; il banchetto del giorno dopo). Tanto che una delle forme più funzionali di commento alla serie diventa l’enumerazione: quali dei personaggi che abbiamo imparato ad amare o odiare ha avuto la conclusione (o la fine) più empatica, o più crudele? A quale linea narrativa imputiamo il furto del tempo necessario per sviluppare meglio il finale? Chi ha il ruolo più inutile? Chi abbiamo perso per strada?
Nonostante tutto, impossibile separare Il trono di spade dall’esperienza mediale collettiva di chi si è lasciato coinvolgere nella visione settimanale in contemporanea (o quasi). Dai numeri della messa in onda notturna domenicale di Sky, alle proteste internazionali per la fotografia “troppo buia”, dal terrorismo sugli spoiler fin dal lunedì all’alba, alla petizione online per riscrivere la stagione dopo l’insoddisfacente episodio 8×05, The Bells, passando per migliaia di discussioni e teorie, rivelatesi in molti casi più creative e sensate di quelle ufficiali. Senza contare prequel e sequel già annunciati, e che siamo davanti probabilmente al primo caso della storia in cui la saga letteraria da cui la serie è tratta, e da cui è stata “superata”, avrà forse un finale diverso (sempre che George R.R. Martin si decida a finire). Il futuro ci dirà se abbiamo davvero assistito all’ultima serie settimanale circondata da un’esistenza discorsiva extratestuale di questa portata. Intanto, come si dice in questi casi, non conta (troppo) la meta, ma il viaggio.

Il trono di spade [Game of Thrones, Stati Uniti 2011-2019] IDEATORI David Benioff, D. B. Weiss.
CAST Emilia Clarke, Kit Harington, Peter Dinklage, Nikolaj Coster-Waldau, Maisie Williams, Sophie Turner, Gwendoline Christie, Lena Headey.
Fantasy/Drama, durata 50-70 minuti (episodio), stagioni 8.

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