C’a morte vicino a mme
Parole d’ordine: “Stai senza pensieri”. È questa la frase che, volendo o meno, è entrata con forza nei nostri cervelli dopo la prima stagione di Gomorra: la serie. Come a voler dire, appunto, che non dovevamo preoccuparci, che non dovevamo stare a farci troppe domande riguardo ciò cui stavamo assistendo.
E a cosa stavamo assistendo? Molto probabilmente alla migliore cosa capitata alla televisione italiana da parecchio tempo a questa parte. Si ha la sensazione, dopo aver terminato la visione di questa seconda stagione, di avere fra le mani un prodotto che finalmente può competere con quello che solitamente viene realizzato in terra americana. E non è una cosa scontata (nonostante qualcuno ne parli già da un po’ di tempo). Lo pensiamo perché ci stiamo iniziando a convincere che questa serie, nel suo continuo evolversi, abbia una vera e sostanziosa organicità; se nella prima stagione si procedeva accumulando tutto il materiale possibile per descrivere nel migliori dei modi le funzioni dei luoghi e di ogni personaggio, se si cercava di dare una precisa identità ai simboli che iniziavano a imporsi attraverso l’interazione tra essi, in questa seconda parte si è cercato di far sentire quanto fosse effettivamente importante la presenza di ognuno di essi, anche del più insignificante. E non è certo poco. Tutto ha girato insomma come doveva girare e le peculiarità del male che racconta il male hanno acquisito ancora più credibilità. Al centro di questa seconda stagione c’è sicuramente la morte con tutte le sue funzioni e tutte le sue sfumature: come atto naturale, fatale, figurativo e allegorico. La morte è ciò che pervade ogni anfratto, che permette alla narrazione di scolpire il senso del suo procedere. La morte è ciò che mette in moto il divenire degli eventi rappresentati, perché senza morte non può svilupparsi l’universo malsano del triste e circolare spettacolo di Gomorra. È insomma la morte la vera protagonista, con cui ognuno dei personaggi, in maniera per niente lapalissiana, deve fare i conti. E qualcuno riesce anche a farcelo argutamente notare; Ciro Di Marzio, in uno degli episodi centrali della stagione, quasi sussurra: “Agg’ campato tutta ‘a vita mia c’a morte vicino a mme. Nun tengo paura ‘e muri’”. Ecco individuato il punctum: non c’è paura di morire perché la sensazione è che in ogni sequenza la morte sia sempre dietro l’angolo. Molto più facile dunque convincersi di poterci convivere. Ma forse questa è in realtà una missione impossibile, semplicemente perché è la più grande bugia del mondo. La morte, in Gomorra, fa paura, perché dal piccolo schermo ci avvolge e ci dice che è fuori da esso, nel quotidiano degrado che molto spesso ci vive accanto, che dobbiamo temerla. C’è poco da aggiungere: “A fine dô juorno sta tutta cca”.
Gomorra: la serie [Italia 2014 – in corso] IDEATORE Roberto Saviano.
SUPERVISIONE ARTISTICA Stefano Sollima.
CAST Marco D’Amore, Salvatore Esposito, Marco Palvetti, Fortunato Cerlino, Cristiana Dell’Anna, Cristina Donadio, Fabio De Caro, Carmine Monaco.
Drammatico/Noir, durata 50 minuti (episodio), stagioni 2.