Buoni o cattivi
Il revival ‘80s, lo stiamo vedendo, è ormai interiorizzato nella cultura pop odierna, un periodo visto come una miniera iconografica, stilistica e inevitabilmente narrativa.
Perché allora non riprendere un vecchio cult giovanile di quegli anni, Karate Kid, e dargli un seguito seriale, riproponendo personaggi, attori e contesto? Nasce così Cobra Kai, la serie in cui proseguono le vicende di Daniel LaRusso e Johnny Lawrence ma con un punto di vista diametralmente opposto. A essere al centro della storia è, infatti, l’antagonista del film, Johnny, inconcludente alcolista che vede la propria realizzazione nella rinascita del vituperato dojo del suo vecchio Sensei, dove insegnare ai suoi nuovi allievi le severe regole del Cobra Kai. Al contrario, Daniel LaRusso è diventato un uomo di successo, ha messo da parte il karate ma non ha dimenticato gli insegnamenti del maestro Miyagi.
La rinascita dei due dojo, Cobra Kai e Miyagi Do, metterà al centro non solo il vecchio dualismo tra i protagonisti ma anche tante storie parallele. Il rapporto (e destino comune) tra Johnny e Miguel è la più coerente e stratificata, peccato che quasi tutto il resto tenda a banalizzarsi in situazioni da teen comedy o drama ridondanti. Il senso neovintage 80’s che ispirava la prima stagione trovava spunto d’interesse nella rivalità tra Johnny e Daniel e nell’inversione dei loro ruoli. Bullo da giovane e perdente da adulto, il primo, affermato venditore di successo dai nobili ideali, come da ragazzino, il secondo. Un conflitto tra bene e male, in sintesi, in cui però l’empatia si instaura con il cattivo, lasciando al termine della prima stagione un sapore molto anacronistico, ma piacevole. Rispecchiava in toto il suo protagonista, completamente distaccato da ogni forma sociale contemporanea e cristallizzato dentro una bolla fatta di birra e hard rock. Era una divertente storia di redenzione sgangherata che si nutriva inversamente del rapporto maestro-allievo. Ma era, appunto. Le ultime due stagioni danno grossa importanza a narrazioni secondarie, che per toni e dinamiche risultano davvero povere di quell’originalità e perciò non escono da un rigido schematismo.
Se il conflitto di paternità scomposte tra Johnny, Daniel, Miguel e Robby prosegue coerentemente, è il contorno a subire un brusco appiattimento. Buoni contro cattivi, guardiani contro bulli, questo è un conflitto, sì, anacronistico, ma nell’accezione più negativa. In particolare l’inconsistenza dei due schieramenti, incapaci di problematizzare il mondo dualistico e schematico predicato dai loro Sensei. Tutto va ad appiattirsi in una netta divisione tra chi vuole aggredire (meglio se fisicamente) e chi si difende, togliendo potenza invece a quell’iniquità dei valori della prima stagione. La progressione narrativa accentua, invece di attualizzarla, la concezione binaria del mondo, ricorrente nelle narrazioni giovanili anni Ottanta, livellando tutto a quella stessa concezione in cui ad ogni azione corrisponde una diretta conseguenza. Più che karate, la sensazione è di vedere una continua scazzottata.
Cobra Kai [id., USA 2018] IDEATORI Jon Hurwitz, Hayden Schlossberg, Josh Heald.
CAST William Zabka, Ralph Macchio, Xolo Maridueña, Mary Mouser. Commedia/Drammatico, durata 22/37 minuti (episodio), stagioni 3.