A PROPOSITO DI TIM BURTON…
Il fascino del vintage
Tim Burton negli ultimi anni sembra aver perso lo smalto dei suoi esordi. Pellicole come Alice in Wonderland e Dark Shadows hanno dimostrato come, pur mantenendo alcuni stilemi del suo cinema, il regista abbia bisogno di nuova ispirazione. Morale della favola: Burton è tornato ad uno dei suoi esordi, Frankenweenie, “gonfiando” la vicenda del corto live action in un lungometraggio in plastilina.
L’uscita negli schermi italiani del nuovo Frankenweenie è un’occasione per rispolverare l’originale, del 1984. Figlio di una lavorazione travagliata e di un bistrattamento da parte della casa produttrice Disney, Frankenweenie fu il secondo cortometraggio partorito dal giovane Burton che, lavorando per la major dell’animazione, fu spinto da essa alla sua realizzazione. Il risultato finale non piacque per la scarsa adattabilità all’universo fanciullesco, e per questo Burton fu licenziato. Il corto è invece in realtà un assaggio di tutto ciò cui ci avrebbe abituato il Nostro: un universo di freaks e sfigati narrato con atmosfere dark e artigianalità degna del migliore Ed Wood. La vicenda di Victor che riporta in vita il proprio cane defunto Sparky preannuncia la poetica del regista, con una storia sospesa tra horror e fantastico dove l’ottusità e l’incomprensione dell’uomo verso “il diverso” ricorda quello che vedremo in seguito in Edward mani di forbice. In Frankeweenie Burton sprigiona il suo lato fanciullesco fatto di mostri, costruzioni e filmini amatoriali, in un tripudio di grottesco che rende il cortometraggio particolarmente affettuoso e personale. Nascondendosi dietro al fantasy Burton ha sempre denunciato qualcosa o almeno raccontato personaggi e storie con delle forti problematiche di fondo. Frankenweenie è ancora attuale e l’ingenuità, dovuta alla scarsa esperienza di Burton nel 1984, regala al cortometraggio un certo senso vintage sperimentale che in seguito, con budget e mezzi più potenti, il regista perderà. Il lieto fine stride un po’ con l’universo burtoniano cui siamo abituati, ma è succube della produzione disneyana miope nel vederlo un prodotto inadatto ai minori, forse perché troppo reale nella sua messinscena. Chissà se la decisione di rifare Frankenweenie sia nata da questa rivalsa – quasi trent’anni dopo – nei confronti della Disney, o se sia una questione meramente commerciale, o di scarsa inventiva. Resta il fatto che l’attaccamento verso la versione del 1984 renderà l’operazione per molti affezionati una banalità.
Frankenweenie [Id., USA 1984], REGIA Tim Burton.
CAST Shelley Duvall, Daniel Stern, Barret Oliver, Sofia Coppola.
SCENEGGIATURA Leonard Ripps FOTOGRAFIA Thomas E. Ackerman MUSICHE David Newman, Michael Convertino.
Commedia horror, durata 26 minuti.