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Living Still Life (2012) / Notre-Dame des Hormones (2018)

sabato 23 Febbraio, 2019 | di Edoardo Peretti
Living Still Life (2012) / Notre-Dame des Hormones (2018)
Cinema Mandico
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Simulacri
«L’animazione è l’illusione della vita». Questa frase di Walt Disney apre Living Still Life, cortometraggio realizzato nel 2012 da Bertrand Mandico e uno tra i suoi migliori e più teorici. “Illusione”, del resto, è un termine da cui si può partire per cogliere almeno uno dei tanti spunti, delle mille suggestioni, delle innumerevoli chiavi di lettura che il cinema performante e viscerale del regista francese può offrire.

Centrale in tutta la sua filmografia, per esempio, è l’illusione della realtà e della vita. In Living Still Life protagonista è una donna ossessionata dalla ricerca della bellezza e mossa da un vago rimpianto che, in un paesaggio che suggerisce un recente crollo della civiltà, raccoglie cadaveri di animali (e non solo) per usarli come protagonisti di brevi animazioni.

Truccati e decorati da fiori o da pennellate, gli animali è come se riprendessero vita per pochi secondi, falsificati e resi “altro” dal bianco e nero che contrasta con i colori estremamente saturi, iperrealisti e brillanti tipici del cinema di Mandico, e dal loro essere decorati come fossero trasfigurazioni del loro stesso ricordo, protagonisti di una disperata e utopica negazione della morte, di un ribaltamento illusorio. Per mezzo di questo altrove proprio dell’animazione, in Living Still Life esplode quel dualismo che è una delle fondamenta del cinema del Nostro: la tensione tra la vita e la morte, tra l’utopica speranza di rinascita e di una vaga forma di salvezza e la distruzione che pare ormai implacabile, ovvia e definitiva. Un dualismo sempre in qualche modo beffardo, che può assumere i toni della vaga nostalgia (Prehistoric Cabaret, 2013), del grottesco macabro e violento (Boro in the Box, 2011; Depressive Cop, 2016), della fantasia post-apocalittica (Y a-t-il une vierge encore vivante?, 2015; Ultra Pulpe, 2018) o del grottesco lirico basato sullo scontro tra Eros e Thanatos (Notre-Dame des Hormones, 2015). A partire dall’iperrealismo allucinato ed esasperato dei colori e degli ambienti, quasi parodico e artificioso come fosse lo sfondo di un’installazione d’arte contemporanea, il cinema di Mandico è popolato da simulacri e succedanei; della natura, del paesaggio, dei sentimenti, dell’eros e dei corpi.
C’è, appunto, in questi simulacri la sensazione di una continua illusione di qualcosa che, in fin dei conti, era e non è più. Se in Living Still Life questa illusione è in qualche modo palese e teorizzata dagli inserti animati intesi come consapevole negazione della realtà, in Notre-Dame des Hormones si nasconde in ogni dettaglio del filmico e del profilmico. È un film, quest’ultimo, lirico e affascinante pur nella sua durezza e nella violenza di fondo, dove l’esplosione di tutta la potenza del rapporto tra amore e morte, causata da una strana creatura dal fallo enorme, apre definitivamente le porte di una dimensione ultraterrena dove anche l’illusione non può più nulla.

Living Still Life [La résurrection des natures mortes, Francia/Belgio/Germania 2012] REGIA Bertrand Mandico.
CAST Elina Löwensohn, Jean-Marc Montmont.
SCENEGGIATURA Bertrand Mandico. FOTOGRAFIA Pascal Granel. MUSICHE Tazartes.
Sperimentale/Animazione, durata 12 minuti.

Notre-Dame des Hormones [id., Francia 2018] REGIA Bertrand Mandico.
CAST Elina Löwensohn, Nathalie Richard, Michel Piccoli, Agnès Berthon.
SCENEGGIATURA Bertrand Mandico. FOTOGRAFIA Pascale Granel. MUSICHE Thibault Deboasne.
Sperimentale, durata 31 minuti.

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