Vedo la gente morta
Fin dal suo esordio televisivo The Walking Dead ha dovuto sostenere il confronto con un immaginario saturo e inflazionato, che dal capostipite romeriano La notte dei morti viventi (1968) in poi ha affrontato la tematica apocalittica del morto vivente come metafora della fine di una civiltà, cannibale e cannibalizzata.
Senza scomodare troppo il genio di Romero è indubbio che nell’ultimo decennio i tentativi di riesumazione del Mito siano stati molteplici: dai zombi centometristi di L’alba dei morti viventi (Zack Snyder, 2004) alle derive teo-conservatrici di Io sono leggenda (Francis Lawrence, 2007), passando per lo stiloso found footage di REC (Plaza-Balaguerò, 2007). Il riferimento più vicino sembra tuttavia essere 28 giorni dopo (2002) di Danny Boyle. Soprattutto a livello visivo e concettuale, con le immagini desolanti di una grande città disabitata e il rifugio di un soggetto solo in zone isolate gravide di insidie. Anzi, per dirla tutta il pilot della serie tv creata da Frank Darabont saccheggia a piene mani l’idea di fondo del film di Boyle. Sotto la direzione di Darabont la serie s’è rapidamente assestata sul mood dell’introspezione psicologica, dando vita a personalità fin troppo inquadrate: il rabbioso Shane e il paladino Rick, la petulante Lori e la spigolosa Andrea, il saggio Dale e l’ingenuo Glenn. Tutti i caratteri in gioco hanno contribuito a proseguire un sentiero fondato sulla protezione delle proprie caratteristiche in uno stato d’emergenza, fino al vicolo cieco della fattoria, non-luogo in cui si svolge inutilmente un’intera stagione (la seconda) corrispondente a soli tre numeri del fumetto originario. Eppure il pubblico ha continuato ad amare il prodotto, probabilmente in virtù del suo realismo e della snervante attesa per capire che ne sarà dei superstiti a corto di energie e fiducia. La fedeltà pare ora essere stata ripagata, con una terza e ultima stagione degna di nuova attenzione. Il merito sembra essere del cambio di showrunner: da Darabont a Glen Mazzara, già al timone di The Shield, Crash e Hawthorne. Sotto la sua supervisione abbiamo assistito ad un cambio di marcia vertiginoso, un nuovo inizio che cerca anche di rimediare agli errori precedenti. Mazzara – complice un’ambientazione più accattivante, una prigione recintata infestata di “erranti” – ha anzitutto ristabilito un contatto col fumetto di Kirkman e col suo spirito da survival horror. I sopravvissuti sembrano aver compreso le regole di un gioco che accantona la moralità, e grazie agli innesti dell’ambiguo Governatore, della diffidente Michonne e del redivivo Merle si è giunti ad un “finale di mezza stagione” (mid-season finale) al cardiopalma. Come i protagonisti, ci eravamo tutti un un po’ rassegnati; ma ora, di fronte al collasso totale della civiltà, è arrivato il tempo dell’azione e della resa dei conti.
The Walking Dead [Id., USA 2010-in corso] IDEATORE Frank Darabont, Robert Kirkman.
CAST Andrew Lincoln, Jon Bernthal, Sarah Wayne Callies, Laurie Holden.
Survival Horror, durata 45 minuti (episodio), stagioni 3.
Come nel video di youtube, se avessero montato 3 minuti per ogni episodio, una stagione di 15 episodi sarebbe stata un capolavoro! Invece ore e ore di nulla…
Infatti… anch’io come l’autore dell’articolo ho creduto ad una ripresa dalla terza stagione. Poi ho abbandonato all’inizio della quarta perché mi sentivo preso esageratamente in giro!