La nave dei pazzi e il suo equipaggio
C’è una società civile che va avanti ogni giorno grazie a una routine di regole e compromessi. E poi c’è un mondo opposto, a volte nascosto o invisibile: quello degli emarginati, dei “prigionieri”, di chi ha bisogno di essere ascoltato e invece viene isolato. Di questo mondo parla Tutto chiede salvezza, il nuovo lavoro di Francesco Bruni, una serie Netflix tratta dall’omonimo e bellissimo libro autobiografico di Daniele Mencarelli.
Mentre il libro è ambientato nel 1994, Bruni sposta la vicenda ai giorni nostri, mantenendo però la trama orizzontale con l’aggiunta di una storia d’amore: Daniele si risveglia in un ospedale psichiatrico senza ricordare nulla della sera precedente e solo con il tempo ritrova la memoria.
In camera con lui altri cinque pazienti: Gianluca, un omosessuale con una famiglia conservatrice alle spalle, Giorgio un gigante buono, Mario un professore che ama la bellezza, Alessandro assorto in un perenne sonno a occhi aperti e Madonnina un indifeso con la mente “scomposta”. Se già il libro riusciva a narrare con lucidità e poeticità una situazione difficile e complessa, la serie ha il pregio di farci vedere, in sette episodi, i sette giorni che Daniele passerà in ospedale senza moralismi o superficialità. Non si vuole calcare la mano su come gli ospedali gestiscono questo tipo di pazienti, tutto si concentra sulle persone che sopravvivono a una realtà terribile e urlano il loro disperato bisogno di essere ascoltate. Non siamo dalle parti del dramma nostrano alla Braccialetti rossi in cui il ricatto dell’ospedalizzazione è sempre dietro l’angolo, ma Bruni realizza un ottimo lavoro, sia sul piano della messinscena che nella caratterizzazione dei personaggi che ricordano alla lontana, nella loro naturalezza, i pazienti di Qualcuno volò sul nido del cuculo (si veda anche la sequenza onirica della “nave dei pazzi”). È palese il messaggio, forse banale per qualcuno: chi stabilisce cosa sia normale e cosa no? I compagni di camera di Daniele, come del resto lui stesso, hanno solo bisogno di essere capiti non tanto da chi dovrebbe “curarli” ma da chi invece dovrebbe aiutarli nella vita di tutti i giorni. Va da sé che se manca il dialogo e l’ascolto arrivano gli atti violenti o lesivi, perché è ancora difficile capire che chiunque avrebbe diritto a vivere la propria vita come vuole, sempre nel rispetto. Non a caso Daniele scrive poesie, una delle forme di scrittura più personali e libere, e la sua espressività, che si palesa anche nei sogni che fa durante il suo ricovero, si scontra con una realtà che il più delle volte è denigrante. Bruni tratta la “pazzia” e la sua cura con rispetto e gira riuscendo a mantenere uno sguardo al tempo stesso coinvolto e distante.
Ci saranno dei momenti meno convincenti, ma le performance degli attori e i dialoghi, che da ottimo sceneggiatore qual è Bruni sa scrivere, rendono al meglio la soffocante realtà delle situazioni narrate. Tutto chiede salvezza è bella, aggettivo mai più azzeccato, e affascina se sei disposto a diventare un po’ “matto” anche tu, tanto il mondo lo è cento o forse mille volte di più, e non lo sa.