Ama
Una tipica famiglia americana degli anni ’50: padre lavoratore, severamente presente, madre casalinga, amorevolmente onnipresente, tre giovani e vivaci fratelli. Tutti riuniti nella parola del Signore. Dove la madre veste l’abito della grazia e il padre quello della natura.
Ed è una tragedia a sconvolgere il faticoso equilibrio interiore ed esteriore dei protagonisti.
Terrence Malick, con molta sensibilità e provocazione (considerando la vita attuale) pone sul grande schermo un dialogo tra Noi e il Creatore, nostro e di ciò che ci circonda. Si avvale della spiccata espressività degli attori più giovani e di fotografie ed effetti molto interessanti. Attraverso fotogrammi d’altri tempi, delicatamente colorati e in continuo movimento, con primissimi piani e con taglio “a misura di bambino”, lo spettatore è travolto, a sprazzi, dalla forza dei quattro elementi della natura che lo coinvolgono in una veglia di preghiera. Sono le gesta di un adolescente e il formarsi della sua coscienza che risvegliano nello spettatore un senso critico oramai perduto. Con la crescita, la grazia sembra svanire per lasciare spazio unicamente alla natura. Se questo, ovviamente, crea disagio nel senso critico dell’essere umano in crescita, ancora capace di discernere, per purezza, i concetti di “corretto” e “non corretto”, nell’essere umano adulto sembra confondersi a causa della società stessa, che mira a distoglierlo dalla retta via, innalzando fragili infrastrutture moderne che entrano in netto contrasto con semplici ma ben più solidi simboli passati: scale, porte e finestre sempre aperte volte ad evidenziare che c’è sempre altro “al di là” e che non serve rompere, picchiare, rubare, per scoprirlo… Malick, ad un certo punto, sembra quasi suggerire che fratelli, madre e padre stesso diventino un tutt’uno nell’Essenza di Dio e del Creato, così come le anime tutte che una volta giunte dov’è Lui, vedranno e capiranno come Lui fa. L’importante per ora, momento di passaggio, è “Amare. Amare sempre e incondizionatamente”.