Amabili Wrestling
Sangue e lacrime. Ossa che si incrinano, cuori che collassano, lacerazioni del corpo e nell’anima. Randy Robinson detto “The Ram” (l’ariete), campione di wrestling anni ’80 sul viale del tramonto, è un mastodonte amato dal pubblico, che porta negli occhi i germi dell’autodistruzione e nel fisico i segni della propria professione.
Il volto è una maschera tragica, lo sguardo è denso di bonaria malinconia e disillusione. Non basta parlare di credibilità o di verosimiglianza: The Wrestler è un film reale, totalmente aderente e fedele all’interpretazione del protagonista Mickey Rourke. Che inizia e finisce lottando, contro se stesso e contro il mondo che lo abbandona, contro la vita e un destino già scritto di perdente e dimenticato. Dopo Million Dollar Baby (2004) – film attraverso cui Clint Eastwood ebbe modo di riflettere con amarezza sul fallimento del Sogno Americano – è stata la 65a Mostra del Cinema di Venezia a riabilitare nuovamente il bistrattato microcosmo della lotta (libera e non) premiando addirittura The Wrestler col Leone d’Oro, a scapito del quotatissimo The Hurt Locker. A risollevarsi dall’oblio in quell’occasione fu sì il giovane autore Darren Aronofsky, dopo i tonfi di Requiem for a Dream e L’albero della vita, ma soprattutto Mickey Rourke, immenso attore/uomo consumato da un’esistenza di eccessi, abitante di un universo popolato solo da derelitti e freaks. L’inferno del lottatore Mickey inizia col ritorno alla quotidianità, quando un infarto rischia di portarselo via (risultato di un match al cardiopalma: assistiamo a bocca aperta all’utilizzo sul ring di spillatici, lamette e vetri infranti come armi da offesa) e dopo il consulto del medico che gli impone di smettere, perché un altro incontro potrebbe essergli fatale. Lui, la leggenda Randy “The Ram”, si dà una regolata: niente più droga, un lavoro normale, il tentativo di ricucire il rapporto perduto con la figlia, la frequentazione con Cassidy. La spogliarellista Cassidy (una mozzafiato Marisa Tomei) amore impossibile di Randy che in un dialogo col Nostro ci dà una curiosa ma illuminante chiave di lettura del film. Lei cita La Passione di Cristo – proprio dalla pellicola di Mel Gibson – e in un attimo è tutto chiaro davanti ai nostri occhi: quella inscenata è la personale Passione di Mickey/Randy (ormai la fusione è fatta), una via crucis fatta di dolore e rifiuti, di cadute nella polvere e continue resurrezioni, fino al martirio, al sacrificio finale. Fino a quando sulle note di Sweet Child O’ Mine dei Guns N’ Roses si consuma l’ultimo atto del suo (di)sfatto, commovente e orgoglioso cammino: “So quello che faccio. L’unico posto in cui vengo ferito è fuori da qui. Fanculo il mondo reale, nessuno mi si fila nel mondo reale”. E poi il salto, quel salto dalle corde del quadrato che consegna Randy al mito cinefilo, Mickey alla venerazione ed eleva The Wrestler al rango di culto.
The Wrestler [Id., USA 2008] REGIA Darren Aronofsky.
CAST Mickey Rourke, Marisa Tomei, Evan Rachel Wood, Mark Margolis.
SCENEGGIATURA Robert D. Siegel. FOTOGRAFIA Maryse Alberti. MUSICHE Clint Mansell.
Drammatico/Sportivo, durata 112 minuti.