L’uomo macchina
Il dibattito critico scaturito dalla visione di Cosmopolis, soprattutto sui quotidiani italiani nostrani, è più o meno simile: la maggior parte dei critici ha liquidato il nuovo film di Cronenberg come una fedele trasposizione del romanzo omonimo di DeLillo, ma prima di tutto come un’ampia e particolare analisi dei nostri tempi di crisi finanziaria.
Certo, Cosmopolis parla della crisi e di chi specula con e su di essa, ma usciti dal cinema sono numerosi gli elementi che meritano un’attenta analisi, Cosmopolis è anche e soprattutto altro.
Innanzitutto si può intravedere un ritorno per Cronenberg al suo cinema nato e cresciuto negli anni ’80, un cinema fatto di corpi, di carne e lamiere, di trasformazione del pensiero umano e di mutazione fisica e sociale, visioni in parte messe a lato nei suoi ultimi lavori. L’odissea di Eric Packer attraverso le vie di New York per raggiungere un parrucchiere e poter finalmente “aggiustare il taglio”, è costellata da dialoghi spesso volutamente fine a se stessi e da incontri con personaggi che convivono claustrofobicamente (sia nelle scene d’interno che nelle poche ambientazioni esterne) con le azioni di Eric stesso, il quale, invece, vive in simbiosi con la sua limousine. Eric muta insieme alla sua macchina: se all’inizio sono belli, puliti, lussuosi e “funzionanti” man mano che il film procede verso il suo epilogo, entrambi vengono modificati da agenti esterni, la limousine viene riempita di scritte e sporcata da dei manifestanti, Eric si prende una torta in faccia da un dissidente e, dopo aver tagliato metà capelli, mutilerà il proprio fisico; nella sua autovettura Eric monitora il suo corpo ed espleta anche i propri bisogni fisici e i propri appetiti sessuali, ed essa lo appaga attraverso i suoi comfort. Ancora una volta, in Cronenberg la macchina è un prolungamento dell’uomo e forse una sua futura mutazione, ed entrambi con il passare del tempo verranno superati dalle proprie evoluzioni “tecnologiche”: il computer, per esempio, che già oggi è un oggetto antiquato così come l’uomo di successo incarnato da Eric, che dopo la crisi verrà sostituito da un altro più cinico e competitivo.
Cosmopolis è un film che parla di un presente che deve fare i conti con un futuro sempre più veloce a farsi avanti, e con delle vittime che inevitabilmente dovranno pagarne i debiti, come sottolinea l’ultima sequenza del film dal finale aperto (ma scontato). Sotto la grande regia cronenberghiana tutto funziona alla perfezione, dalla musica di Howard Shore all’intrigante scelta degli interpreti, Pattinson su tutti, che grazie alla sua scarsa mimica facciale riesce a essere un credibile Packer. Una pellicola che forse non verrà premiata dalla giuria di Cannes (nel momento in cui scrivo i giochi sono ancora tutti aperti), ma che entra di diritto nella storia del cinema contemporaneo.