Ricorrenza eterna
C’è stato un momento in cui è stato lecito pensare che i Wachowski Bros. avessero capito tutto. Tutto del cinema, tutto della filosofia, tutto persino della tecnologia applicata alla fantascienza. Guardare per la prima volta Matrix nel 1999 significava scrutare un oscuro e affascinante oracolo, una rivoluzione visiva che negli anni a seguire ha scatenato schiere di emulazioni registiche.
Tutte sbagliate, perché errato era il punto di vista da cui partivano: quello dei Wachowski non era il cinema del futuro, al contrario. Era summa di tutto ciò che fino a quel momento c’era stato, punto di non ritorno e “canto del cigno” tecnico e contenutistico. Non a caso il successivo progetto originale di Andy e Larry (ora Lana) ha preso vita solo nove anni dopo. E non a caso era qualcosa di completamente diverso e bizzarro: Speed Racer, anno 2008, definito dal critico Giona A. Nazzaro sulle pagine di Film Tv come opera “funebre oltre ogni dire”. Negli anni a seguire ci si è convinti che il prossimo passo dei fratelli sarebbe stato il definitivo allontanamento dallo stile Matrix che, a detta di molti, era divenuto una prigione dorata. Di fronte a Cloud Atlas però, occorre alzare nuovamente le mani e arrendersi. Nelle sue quasi tre ore di durata, la nuova sinfonia per immagini dei Wachowski (assieme al terzo sodale Tom Tykwer) parla di tutto, abbraccia il mondo e gioca nuovamente al rialzo. “La vita, l’universo e tutto quanto” avrebbe detto Douglas Adams, e in effetti estrapolare una trama unica e sensata da questa strabiliante giustapposizione di micro-storie é pressoché impossibile. E sbagliato, probabilmente. Ma l’obiettivo non è la cerebralità (per quella, rivolgersi allo sportello “Nolan”), e anzi le sei storie imbastite godono tutte ampiamente di vita propria lasciandosi amabilmente seguire. Balzando dagli anni ’70 alla Neo-Seul del 2144, dal 1849 a una sorta di Medioevo prossimo venturo (“106 inverni dopo la caduta”) l’unico concetto che dobbiamo assimilare è che “la nostra vita non è nostra, siamo legati ad altri”. Per il resto, basta fidarsi dei registi, chiudere gli occhi e abbandonarsi al flusso. Ci risveglieremo dalla trance filmica con un paio di convinzioni che conosciamo già: la necessità personale di imporre il proprio libero arbitrio e la necessità globale di eleggere un “eletto” (era Neo, ora è Sonny) in cui credere. Lo capiamo ora: quella dei Wachowski è un’idea di cinema “ciclico”, ricorrente ed infinito. Dunque Cloud Atlas è un nuovo inizio o ancora una volta registra la fine di un’epoca? A noi la scelta: pillola blu per continuare l’impervio viaggio, pillola rossa per risvegliarsi il giorno dopo dimenticando l’accaduto.
Cloud Atlas [id., USA/Germania/Hong Kong 2012] REGIA Andy & Lana Wachoswki, Tom Tykwer.
CAST Tom Hanks, Hugh Grant, Halle Berry, Jim Broadbent, Hugo Weaving, Jim Sturgess, Susan Sarandon.
SCENEGGIATURA Andy & Lana Wachoswki, Tom Tykwer. FOTOGRAFIA John Toll, Frank Griebe. MUSICHE Johnny Klimek, Reinhold Heil, Tom Tykwer.
Drammatico/Fantascienza, durata 172 minuti.