A PROPOSITO DI KATHRYN BIGELOW…
Allo specchio
Corpi flessuosi solcano il buio della notte per fondersi con il movimento delle onde. Leggeri, esplorano sinuosità sconosciute, corteggiano sensazioni al limite del sostenibile, perpetuano quel moderno “gioco” della vita che – crudele e beffardo – sospinge l’uomo a guardare oltre se stesso.
Più che uno sport il surf è filosofia di vita. Un atteggiamento mentale che ha nella sfida la sua motivazione più profonda, un luogo (ideale, virtuale) nel quale perdersi per ritrovarsi, pienamente umani ma scevri di un’“umanità” stantia e codificata. Un percorso rigenerante, atto d’amore fisico con l’elemento vitale per eccellenza, una scelta sui generis che ripudia il Sistema delle omologazioni per la ricerca di una libertà di valore assoluto. Non aveva mai concepito il surf in questi termini, l’agente speciale dell’FBI Johnny Utah. Fino alla promozione alla sezione investigativa di Los Angeles, dove caso (o destino?) vuole che a indagare su una serie anomala di rapine in banca – colpi effettuati secondo una precisa cadenza temporale da quattro individui con i volti coperti da maschere raffiguranti ex presidenti americani – Johnny si ritrovi con la pistola in una mano e la tavola per cavalcare le onde nell’altra. Indizi e sospetti, infatti, puntano nella direzione dei “signori del mare” (dopotutto, anche le passioni richiedono un sacrificio economico) e cosa meglio di una missione sotto copertura per stanare la banda dall’interno? Ma la vita ci metterà lo zampino aprendo la strada a un percorso alternativo, lungo il quale l’ambizione cederà il passo alla temerarietà, l’attrazione al sentimento sincero, la diffidenza al legame unico di amicizia. Kathryn Bigelow, artigiana riconosciuta del ritmo narrativo, firma un impetuoso manifesto generazionale nel quale Eros e Thanatos si sviluppano su binari paralleli di pura tensione adrenalinica. Il fascino ribelle e carismatico del surfista Bodhi (un Patrick Swayze perfetto nell’integrazione di follia e saggezza “illuminata”) sovverte le regole preformate del mondo di Utah (Keanu Reeves, talentuoso ma dai livelli recitativi qui ancora acerbi) costringendolo a esplorare la permeabilità dei suoi limiti. Elementi primari come l’acqua e l’aria diventano il collante inaspettato e travolgente di esperienze che segnano come marchi di fuoco l’anima e la pelle, mentre tutto intorno la realtà dei “morti viventi” scolora nel deserto dell’anestesia emozionale. Personaggi rappresentati come mondi etici dissimili ma contigui, uniti nella scelta consapevole del rischio, magistralmente fusi in una danza mortale con la Natura. E noi lì con loro, dentro un universo di visioni “liquide” partorito da un montaggio di sottile rifinitura estetica e concettuale, ad affrontare quell’ultima onda, sogno proibito e ricercato oltre gli orizzonti della vita.
Point Break – Punto di rottura [Point Break, USA/Giappone 1991] REGIA Kathryn Bigelow.
CAST Patrick Swayze, Keanu Reeves, Gary Busey, Lori Petty, John C. McGinley.
SCENEGGIATURA W. Peter Lliff. FOTOGRAFIA Donald Peterman. MUSICHE Mark Isham.
Azione/Drammatico, durata 120 minuti.