A PROPOSITO DI GABRIELE SALVATORES…
Nel nome del padre
Nella grigia e piovosa provincia meccanica friulana si consuma, doloroso e lacerante, un amore. Rino e Cristiano Zena sono padre e figlio, e vivono ai margini della società, in una casa che sembra abbandonata, in una cittadina che sembra indifferente al pari dei suoi abitanti.
Rino disprezza il mondo, e non ha nessuno che possa contraddirlo nella sua atroce xenofobia: né il figlio, adolescente che assorbe i dettami del padre-padrone come la legge indiscutibile di un dio; né l’amico Quattro Formaggi, giovane debosciato rimasto menomato sul lavoro, incapace di sviluppare una propria coscienza morale che non sia quella del gioco (l’eterno presepe steso a casa sua) o quella della morbosità (il film porno mandato in loop nella sua televisione). Entriamo in questo feroce microcosmo in medias res, senza conoscere la storia precedente del trio, dando per buono l’incidente che ha rovinato la vita di Quattro Formaggi ma soprattutto accettando il fatto che manchi una madre e un contesto sociale per capire chi o cosa ha reso tale Rino, violento e alcolizzato, fervente nazista e rancoroso nei confronti “dei negri e degli slavi” che gli rubano il lavoro in cantiere. Gabriele Salvatores ingabbia i suoi personaggi in caratteri monolitici, ostacolando l’immedesimazione e il coinvolgimento emotivo: Rino, Cristiano e Quattro Formaggi non prevedono un’evoluzione, estremizzati e semplificati come sono da una sceneggiatura che sforbicia e impoverisce fin troppo la complessità dei suoi molteplici snodi. Tutto ruota attorno al turning point di metà narrazione, al colpo di scena nel quale tutto cambierà affinché tutto, infine, rimanga uguale: la scena nel bosco, risvolto thriller che dura 35 minuti. È a questo punto che Come Dio comanda mostra i suoi pregi migliori, dall’abilità tecnica e virtuosistica del regista (mai messa in discussione) all’intensità degli attori: Filippo Timi, che incarna un Rino teatrale e dallo sguardo inquieto; Elio Germano, di cui nel corso degli anni abbiamo imparato a conoscere il talento; il giovane Alvaro Caleca, che dà il meglio proprio dal momento della tragedia. Ma possono bastare le qualità di contorno, quando a mancare sono la tensione e la vitalità della storia? Assistiamo alla vicenda come se tutto fosse già successo, come ad un evento di cronaca risaputo e ricostruito per l’occasione; e di conseguenza tutto ci sembra prevedibile o facilmente intuibile. Nonostante la rabbia animale, l’energia distruttiva palpabile di cui riesce ad essere dotato questo tipo di cinema, nonostante la scena finale riveli forse l’unico vero intento di Salvatores. Perché – e si torna all’assunto di partenza – Come Dio comanda è prima di tutto la storia di un amore totale e incondizionato, insegnato attraverso l’odio.
Come Dio comanda [Italia 2008] REGIA Gabriele Salvatores.
CAST Alvaro Caleca, Filippo Timi, Elio Germano, Fabio De Luigi.
SCENEGGIATURA Niccolò Ammaniti, Antonio Manzini, Gabriele Salvatores (tratta dal romanzo di Niccolò Ammaniti). FOTOGRAFIA Italo Petriccione. MUSICHE Mokadelic.
Drammatico, durata 103 minuti.