SPECIALE HORROR ITALIANO
Il sonno (eterno) della ragione
All’inizio degli anni ’70, le opere d’esordio di Dario Argento (L’uccello dalle piume di cristallo, 1970; Il gatto a nove code, 1971) influenzano le forme ed i contenuti della produzione thriller italiana. Per il cinema nostrano è un periodo di coraggiosa sperimentazione, in cui la corda del “genere” e della tonalità può essere tirata fino a conseguenze che oggi fatichiamo persino a comprendere.
La corta notte delle bambole di vetro, oltretutto, si distingue dal panorama omogeneo dell’epoca, mescolando la violenza con un’atmosfera di indefinito mistero, la morbosità con una potente allegoria politica. Aldo Lado, qui alla sua prima regia, dipinge con eleganza lo sfondo tetro di una imprecisata capitale dell’Europa dell’Est – tra Praga e Zagabria – immersa nel clima della Guerra Fredda. Si comincia dalla fine: il giornalista Gregory Moore riprende coscienza in obitorio, poco prima di essere sottoposto all’autopsia. L’uomo non è morto, giace in uno stato di catalessi/ipnosi dal quale non sa come uscire. Con lo sguardo vitreo e l’incarnato cadaverico, egli ragiona ed urla, senza naturalmente riuscire a farsi sentire. Non gli resta che pensare all’accaduto, ricostruendo in flashback i passaggi che, forse, lo hanno portato a quel tragico epilogo. Ci sono i frammenti di una storia d’amore, ci sono le indagini del suo lavoro di giornalista. E poi c’è il trauma: la sua ragazza Mira scompare, il protagonista scopre un locale che serve da copertura per una organizzazione segreta che plagia la mente dei giovani attraverso rituali orgiastici e incappa in una serie di sinistri personaggi che gli confondono le idee (commissario e anziano cieco su tutti). Sembra la trama di un normale film di exploitation da serie Z, ma il colpo di reni Lado lo dà alla distanza: fra le righe si seminano elementi di critica socio-politica, dando una terribile rappresentazione del totalitarismo. “[Mira] Ha rifiutato sesso e ricchezza, le due esche che usiamo in tutto il mondo”, argomenta il luciferino dottor Karting durante la scena dell’orgia, “i ribelli vanno addormentati ed eliminati”. Le redini della società mondiale sono tenute da un élite di anziani, una casta ristretta che tramanda di generazione in generazione le proprie aberrazioni succhiando la fantasia e la vitalità dai giovani come i vampiri fanno col sangue delle vergini. Il contrappunto musicale di Ennio Morricone e un finale di memorabile cupezza completano il quadro, facendoci quasi del tutto dimenticare le inesistenti “bambole di vetro” del titolo. Il film avrebbe dovuto infatti chiamarsi La corta notte delle farfalle (decisamente più attinente con la storia narrata), peccato che appena un mese prima venne distribuito nelle sale un altro giallo diretto da Duccio Tessari, intitolato Una farfalla con le ali insanguinate.
La corta notte delle bambole di vetro [Id., Italia/Jugoslavia/Germania 1971] REGIA Aldo Lado.
CAST Ingrid Thulin, Jean Sorel, Mario Adorf, Barbara Bach.
SCENEGGIATURA Aldo Lado. FOTOGRAFIA Giuseppe Ruzzolini. MUSICHE Ennio Morricone.
Horror, durata 92 minuti.