SPECIALE ALFONSO CUARÓN
Fra luce e buio
Stando alle parole non troppo preoccupate, e giustamente!, dello stesso regista, Harry potter e il prigioniero di Azkaban è il capitolo che cinematograficamente ha incassato meno rispetto agli altri film della saga.
Ciò che però il cinema toglie, l’home video da, e infatti ad oggi l’avventura diretta da Alfonso Cuarón è ritenuta, se non proprio la migliore, una tra i tre adattamenti cinematografici migliori delle avventure del mago inglese. Mago che qui, proprio grazie al taglio registico decisamente più cupo ed adulto, varca la sottile linea di demarcazione che separa l’infanzia dall’adolescenza, cosa che nel libro avverrà solo in un capitolo successivo. Abbandonati i tono morbidi della fiaba, dati dalle luci delle candele che prima rischiaravano Hogwarts e le sue meraviglie, Cuarón fa della metafora una realtà tangibile. Il mondo di Harry diventa cupo, buio, infestato non più da creature letali per i loro artigli, ma per la possibilità che hanno di scavare nel profondo e arrivare a quei pensieri che di notte non fanno dormire. Inizia a scemare la spensieratezza dell’infanzia e arrivano i turbamenti adolescenziali, la scoperta di realtà insospettate che costringono a crescere per sopravviverci. E proprio come incubi materializzati, i dissennatori appaiono volteggiando con grazia assassina fra le nubi. La luce, elemento portante del film, si fa rarefatta e livida di giorno, troppo acquosa per dissipare le ombre, mentre di notte appare sotto forma di luna, distante e niente affatto consolatoria, troppo occupata ad illuminare scarsamente sentieri bui e boschi infestati. Come i protagonisti di Gravity, in questi giorni in sala, Harry, Ron ed Hermione si trovano tagliati fuori dal rassicurante contatto con il mondo degli adulti, troppo preso ad occultare segreti su segreti, dando via ad incomprensioni e pericolose cacce all’uomo. Soli e senza appigli indagano, curiosano, si fanno forza per non annegare nel buio che il regista stende come una coperta ingombrante, permettendo solo all’ultimo un guizzo di luce salvifica, metaforica e fisica grazie all’apparizione del patronus di Harry, tangibile dimostrazione di un passaggio avvenuto verso l’età adulta che ha sì chiesto il tributo di un’innocenza sacrificata, ma che promette forza sufficiente per affrontare le ombre tutt’attorno.
Harry Potter e il prigioniero di Azkaban [Harry Potter and the Prisoner of Azkaban, Gran Bretagna/USA 2004] REGIA Alfonso Cuarón.
CAST Daniel Radcliffe, Emma Watson, Rupert Grint, David Thewlis, Gary Oldman, Michael Gambon, Alan Rickman.
SCENEGGIATURA Steven Kloves. FOTOGRAFIA Michael Seresin. MUSICHE John Williams.
Fantasy/Avventura, durata 141 minuti.