SPECIALE DAVID FINCHER
L’architettura di una storia
L’inizio di Facebook, la sua creazione e la sua crescita vengono riproposti sullo schermo come sorta di flashback evocati da un’udienza legale, che vede Mark Zuckerberg contrapposto ai suoi ex collaboratori ed amici.
Come in tutte le storie di imprenditoria rivoluzionaria che si rispettino, anche qui si ritrovano presenti tradimenti e lacerazioni della fiducia tipici (almeno secondo la storia cinematografica) dei geni del marketing, spesso allucinati dalla loro stessa identità. Il parallelo più immediato è quello con Steve Jobs, ma la struttura relazionale (tra protagonisti e colleghi) proposta in The Social Network e di fatto sovrapponibile alla realtà è sempre la stessa. Questa costruzione, insieme all’opera di Fincher, promuove una figura protagonista al limite del credibile, accostato peraltro a interpreti non all’apice delle loro interpretazioni. Di fatto, comunque, non è questo ciò che interessa maggiormente al film. Il viraggio di genere torna anche in questo caso, confermando la tendenza del regista a rendere ogni racconto l’ombra di se stesso, sia in senso narrativo che cromatico. Come Zodiac, per citarne uno degli esempi più macroscopici, il racconto viene frammentato all’estremo; in questo caso il filo non si perde, ma la storia mantiene una sua consistenza a discapito di una caratterizzazione sempre più dubbiosa. Inoltre, ciò che dovrebbe essere un film autobiografico diventa un racconto dark, che non scava, ma semplicemente osserva i meccanismi dell’istinto umano e animale che sembrano dirigersi verso l’autodistruzione. Anche cromaticamente Fincher fa sentire la sua presenza, riempiendo l’immagine di bassi contrasti e toni cupi e soffusi. Così, gli uffici di Facebook divengono sempre più simili a quelli dei commissariati del già citato Zodiac che alle pagine bianco-azzurre del sito web. In tutto ciò, il gioco con i linguaggi dei vari generi è pienamente avviato e sembra percorrere strade scelte in maniera autonoma nel suo dispiegarsi. La superficie estetica viene allontanata così dalla realtà, mentre quella psicologica, sia dei personaggi che delle situazioni della rete sociale in cui si trovano, viene appiattita, come in una resa bidimensionale dei fatti. Il film risulta quindi poco empatico e non troppo coinvolgente, preferendo mostrare i suoi archi di montaggio anziché vicinanza con il pubblico. Al di là del valore estetico ed emozionale comunque la mano del regista ci viene continuamente svelata, pur senza disturbare se non con la sua presunta assenza, confermando il percorso intrapreso da Fincher e dai suoi film.
The Social Network [id., USA 2010] REGIA David Fincher.
CAST Jesse Eisenberg, Andrew Garfield, Justin Timberlake, Armie Hammer, Rooney Mara.
SCENEGGIATURA Aaron Sorkin. FOTOGRAFIA Jeff Cronenweth. MUSICHE Trent Reznor, Atticus Ross.
Biografico, durata 121 minuti.