3 GENNAIO – OMAGGIO A SERGIO LEONE
Quando un uomo con la cinepresa incontra un uomo con la bacchetta
Nonostante venga riproposta con cadenza regolare sulle nostre reti televisive, la “trilogia del dollaro” rappresenta, per chi ne parla in queste poche righe, un vizio di cui non si è mai stufi. Conosci già la fine, sai esattamente cosa accadrà nella scena successiva, e potresti persino fare a gara con Clint Eastwood o Gian Maria Volonté su chi “spara” per primo la sua battuta.
Eppure ogni volta rimani lì, orante davanti allo schermo in attesa di essere benedetto dalla sacra liturgia del cinema leoniano, intontito da quel primo piano che è sempre lo stesso dal 1964. Mi risulta difficile scrivere di Per un pugno di dollari, perché sono di fronte a un film che non è un film solo: il capitolo iniziale della trilogia è parte di un repertorio che ritorna in Per qualche dollaro in più (1965) e in Il buono, il brutto, il cattivo (1966), e ognuno di questi film potrebbe racchiudere al suo interno gli altri due. Non è un caso se – un riflesso incondizionato di cui ormai non provo più a liberarmi – devo puntualmente scontare i tre secondi di blackout in cui non ricordo a quale film associare quella frase o quella musica. Forse perché sono pochi quei registi e quei compositori che vengono prima del film stesso. Per rendere l’idea: se sento l’intro di Guerre stellari, non penso subito a John Williams, ma quando ascolto Morricone ascolto Morricone e basta, sicuro che sia lui dalla prima nota e confondendo tra loro le sue colonne sonore. Il suo sodalizio artistico con Sergio Leone mi pare sia uno dei pochi che assume i tratti di un parto gemellare: l’uno non può esistere senza l’altro, e così il film si trasforma in un’esperienza sensoriale a tutto campo, in cui si riesce perfino ad assaporare il gusto dei piatti di legumi o l’odore della polvere. Leone va “sentito” come Morricone va “visto”, le scene si allungano proprio per assecondare la durata della musica, e si imprimono a fuoco persino nella memoria di chi non è un cinefilo, o di chi, come il sottoscritto, non ama il western anche nella sua variante all’italiana – che ricordiamo, nasce prima di Per un pugno di dollari, benché questo film ne rappresenti il battesimo ufficiale. L’esito è di un retorico che rasenta il sublime e che sconfina nella leggenda. Portato al successo, sembra, dal passaparola degli spettatori, e per ironia della sorte il meno amato dal compositore romano, è stato accusato di plagio da Kurosawa per il suo La sfida del samurai: due famiglie una contro l’altra, Rojo e Baxter, e in mezzo il buon Joe, sigaro e poncho, con tanto di lamiera nel duello finale. E si finisce sempre lì, a ripensare se sia meglio il fucile o la pistola.
Per un pugno di dollari [Id., Italia/Spagna/Germania Ovest 1964] REGIA Sergio Leone.
CAST Clint Eastwood, Gian Maria Volonté, Marianne Koch, José Calvo.
SCENEGGIATURA Sergio Leone, Duccio Tessari, Fernando Di Leo. FOTOGRAFIA Massimo Dallamano, Federico G. Larraya. MUSICHE Ennio Morricone.
Western, durata 100 minuti.