SPECIALE PAUL THOMAS ANDERSON
“In mezzo scorre il fiume nero”
1898. Musica tesa e campo lungo sulle montagne. Daniel Plainview cerca l’argento in una miniera. L’oscurità della cava lo inghiotte, l’aria è percorsa da rantoli e grugniti. Scivola e si rompe una gamba ma, risalendo in superficie, riesce a conquistare il bottino.
Nel simbolismo medievale il carbonaio era associato alla potenza infera, homo silvaticus e carnifex, sporco e meschino, senza sposa e posterità, isolato nella foresta perché inabile all’aggregazione sociale. Dal buio folcloristico del XII secolo all’utopia fondativa a stelle e strisce, Paul T. Anderson costruisce il suo “Grande Film Americano”, diventando cantore della corruzione e dell’avidità umana. Per Plainview, cacciatore d’argento a fine Ottocento e trivellatore di successo negli anni successivi, conta fare più soldi possibili, annientando la concorrenza di tutti gli altri cercatori di petrolio. Fingendosi portatore di alti valori morali – “la mia è un’azienda a conduzione familiare”, dice esibendo il bel viso del figlio – giunge a Little Boston e inizia a costruire un impero entrando in conflitto con Eli Sunday, predicatore locale con cui ingaggia una sfida sanguinaria. In seguito ad un incidente occorso al figlio e ad altri eventi luttuosi, la sua sete di potere cresce, fino al punto di non ritorno. Dopo il prologo in solitaria, Il petroliere racconta ascesa e caduta di un predatore di razza, tra primissimi piani e piani americani, in un impasto luministico terreo che rimanda al mondo minerale e sotterraneo, aprendosi talvolta a chiare albe e tenui crepuscoli. Abitante di cave e pozzi zampillanti fiumi neri, Plainview è animato dalla feroce e ruvida mimesis di Daniel Day-Lewis, Oscar come Miglior Attore Protagonista. Scongiurando il racconto unilaterale sul self made man, Anderson non dimentica la coralità di Magnolia che, depurata da retoriche magniloquenti, rivive nella solenne epica del mito americano (la dedica finale è a Robert Altman). Una varia umanità brulica intorno al cinico imprenditore, e i paesaggi deserti, segnati dalla verticalità dei pozzi petroliferi, rimandano al western frontaliero, mentre nulla smuove lo spazio intimo di Plainview ridotto a un “cuore di tenebra” cinico e disincantato. Come le partiture musicali, alternativamente aspre e solenni di Jonny Greenwood che accompagnano la storia del diavolo nero, l’intera opera (d’arte), tratta da Oil di Upton Sinclair, contamina l’alta tragedia con una soffusa drammaturgia, scolpendo il grave ritratto a tinte forti di un uomo solo al comando. All’origine del selvaggio capitalismo, quella di Anderson è una sinfonia in nero di corpi affogati nei liquami, di voci affidate a falsi profeti che s’intrecciano ai proclami dell’homo oeconomicus a causa del quale there will be blood, come recita l’evocativo titolo originale, che rimanda alla Bibbia e alla follia compulsiva di un potere violento e profanatorio.
Il petroliere [There will be Blood, USA 2007] REGIA Paul Thomas Anderson.
CAST Daniel Day-Lewis, Paul Dano, Kevin J. O’Connor, Ciaran Hinds, Dillon Freasier.
SCENEGGIATURA Paul Thomas Anderson (tratta dal romanzo Oil di Upton Sinclair). FOTOGRAFIA Robert Elswit. MUSICHE Jonny Greenwood.
Drammatico, durata 158 minuti.