Vorrei ma non posso
In questo breve detto popolare si può riassumere la realtà di The Voice nella sua versione italiana. Il programma è un talent, ma lontano dalle lezioni scolastiche canoniche. The Voice è un palco per i cantanti, le cui esibizioni sono però ben distanti dalla carica di enfasi di X Factor. In altre parole, The Voice vorrebbe fare il “figo patinato e trend setter” ma non ci riesce.
Totalmente all’oscuro di quali siano i tempi televisivi adatti, le puntate si trascinano, mixando tutto ciò che trovano sulla strada: dal buonismo politicamente corretto al patetismo dei drammi familiari, si vorrebbero toccare delle corde che restano fuori portata. La conseguenza tecnologica, multimediale e commerciale cui si guarda si individua nel modello di X Factor, ma in questo caso non porta a nessun risultato. L’accoppiata tv/radio (Deejay) non funziona, mettendo solo in risalto la legnosità della conduzione di Federico Russo. Volendo strizzare l’occhio a troppi target differenti tra loro, si finisce col mescolare troppa varietà di tv italiana. La sinergia tra sponsor è vanificata dall’ostentazione con cui viene proposta e la possibilità di interazione multimediale si riduce ad un teatrino di forzati siparietti che contribuiscono a spezzare il ritmo, già di per sé blando. Eppure è un peccato, soprattutto perché i quattro (o cinque) coach, presentatori in seconda, fanno di tutto per tenere alta la bandiera della trasmissione e per profondere carica ed energia agli spettatori, andando ben oltre il loro ruolo di cantanti/insegnanti/protagonisti. Talvolta esagerati, altre volte troppo teatrali nelle reazioni, ma sempre efficaci rispetto all’obiettivo, i coach tutto sommato danno il loro apporto e ancora di più per far funzionare il programma. Tanto di cappello per loro quindi che si mettono in gioco mostrando ognuno i propri punti di forza e di debolezza. Tutto ciò trasmette una sensazione a metà strada tra la tenerezza, l’irritazione e la curiosità. Probabilmente la scansione dei tempi rimane la problematica maggiore, che distoglie l’attenzione – con le sue lungaggini – dagli elementi artistici del programma, vale a dire i cantanti (concorrenti o giudici che siano). In questo scenario tutti rispettano più o meno il loro ruolo, facendo quindi presupporre un errore di indirizzo situato a monte, a livello di montaggio se non addirittura di produzione. Così, a malincuore, quella sensazione di “vorrei ma non posso” continua ad essere presente in tutte le puntate del programma. E poco conta che si tratti di quelle registrate o di quelle mandate in onda in diretta, la differenza si nota poco.
The Voice of Italy 3 [Italia 2015]
CON Noemi, Piero Pelù, J-Ax, Roby Facchinetti, Francesco Facchinetti.
PRESENTATORE Federico Russo. PRODUTTORE Talpa Media Italia. CANALE Rai 2.
Talent Show, durata 180 minuti (puntata).