SPECIALE FESTA DELLA REPUBBLICA – SUL CASO MORO
Sogni infranti
A dodici anni di distanza dalla sua uscita – presentato al Festival di Venezia 2003, dove ottene un premio speciale per la sceneggiatura ma non il Leone d’Oro – Buongiorno, notte si conferma essere un film di straordinaria visionarietà e vigore poetico.
L’unica vita possibile, secondo l’autore, è la vita del sogno e dell’immaginazione, che è reale e persino “superiore alla realtà”, come dice Enzo a Chiara (una straordinaria Maya Sansa) mentre le spiega il nuovo finale pensato per la sua sceneggiatura, intitolata appunto Buongiorno, notte.
Verso di Emily Dickinson dal quale Marco Bellocchio estrae la luce per rischiarare l’assurda notte degli anni Settanta italiani attraverso una peculiarissima rilettura poetica dei cinquantacinque tragici giorni di prigionia trascorsi dal Presidente Moro (Roberto Herlitzka) nell’appartamento di Via Montalcini, ostaggio di un gruppo di brigatisti. La vicenda mette in scena, immaginandoli, i rapporti tra Moro e i suoi carcerieri, evitando apertamente una precisa aderenza ai riferimenti storici, giungendo infine ad ipotizzare un coraggioso finale alternativo al tragico epilogo del sequestro. Ed infatti quella dell’infedeltà storica è la più autentica chiave di lettura di Buongiorno, notte. È all’immaginazione che l’autore affida l’idea del progetto commissionatogli da Rai Cinema, teso ad indagare i rapporti tra politica e terrorismo nell’Italia degli anni di piombo. Ispirato dalla lettura del libro Il prigioniero, oltre che da alcuni fatti di cronaca descritti da Sergio Flamini ne La tela del ragno e Il mio sangue ricadrà su di voi, il film risponde ad una profonda necessità di ribellione rispetto al disperato quadro sociale e politico italiano di quegli anni. Per non soccombere al tragico ed insensato esito della vicenda Moro, Bellocchio confida nelle potenzialità dell’arte, cinematograficamente riscrivendo il finale di una vicenda divenuta troppo pesante per essere dimenticata. Dalla claustrofobica dimensione dell’appartamento-prigione (emblema della disumana ideologia brigatista resa ancor più evidente dai gesti metodicamente ripetuti dai sequestratori e dall’insistita presenza televisiva), alla virata in chiave fantastica del film: svolta che farà emergere la fondamentale inconciliabilità tra le opposte forze in campo, tra realtà (politica) ed immaginazione. Ad irrompere infatti negli oscuri e mortiferi spazi chiusi dell’appartamento/ideologia, le illuminanti visioni oniriche della giovane donna, la sola nel gruppo che non riesce a rassegnarsi alla necessità di quella morte. Le immagini della rivoluzione sovietica, tra le quali gli intensissimi volti femminili catturati da Vertov, gli indimenticabili ricordi della resistenza sintetizzati dalle immagini di Paisà e delle esecuzioni dei partigiani. Non si rassegna Chiara, e travalica continuamente i confini di realtà e sogno, senza quasi più distinguerne le sembianze. Senza vederne le differenze. Unica mediatrice tra i diversi livelli in gioco, cerca un compromesso, novella Antigone, tra le ragioni dello stato e quelle dell’uomo; compromesso che non troverà, smarrendo per sempre anche le ragioni della propria ribellione. Ma ai suoi sogni Bellocchio si aggrappa ed affida la sola possibilità di interrogarsi ancora, venticinque anni dopo, sul senso di quel dramma. E di sognare, nonostante tutto, un Paese diverso: Aldo Moro che si aggira libero per le vie di Roma, nell’aria fresca del primissimo mattino.
Buongiorno, notte [Italia 2003] REGIA Marco Bellocchio. CAST Roberto Herlitzka, Luigi Lo Cascio, Maya Sansa, Paolo Briguglia. SCENEGGIATURA Marco Bellocchio, Daniela Cesellli (dal libro Il prigioniero di Anna Laura Braghetti e Paola Tavella). FOTOGRAFIA Pasquale Mari. MUSICHE Riccardo Giagni. Drammatico, durata 106 minuti.