SPECIALE SECONDA GUERRA MONDIALE
Il tunnel come luogo dell’anima
Il regista polacco Andrzej Wajda mette in scena l’insurrezione di Varsavia del settembre 1944, un episodio doloroso che vede alcuni gruppi di resistenti opporsi contro le forze armate tedesche, nella speranza che l’Armata Rossa giunga in tempo per liberare la città.
L’aiuto non arriverà mai e l’insurrezione si tramuterà presto in una metodica caccia all’uomo. In I dannati di Varsavia, i resistenti sono presto costretti ad abbandonare la linea di difesa e fuggire nel labirinto di fogne che si estende sotto l’intera città. La Wermacht e le SS non scendono nel sottosuolo ma presiedono le uscite e stanano i partigiani col gas velenoso o piazzando trappole. È una situazione inumana e disperata, perfetta per un film che è tutto tranne che una lezione di Storia. I dannati di Varsavia è un racconto che tende all’astrazione e, come suggerisce il titolo italiano, i cunicoli sotterranei diventano presto una raffigurazione dell’inferno. Stretti, bui e pieni di fumo e acque ribollenti, i tunnel della città sono una punizione che si abbatte sui protagonisti portandoli a un limite fisico e mentale. Il raggiungimento di questo limite coincide con lo sconfinamento definitivo del film nell’onirismo, perché i cunicoli non hanno una geografia chiara e il delirio febbrile dei feriti è anche nostro. Il manipolo di resistenti si trova a dover convivere in un luogo angusto e ostile, che accentua i contrasti già esposti nella prima fase del film. I tedeschi si vedono di rado, in campo lungo o chiusi nelle macchine da guerra. Wajda mette da parte il nemico perché è più interessato agli aspetti psicologici legati alla paura e alla convivenza forzata in una situazione estrema. È superfluo dire che il gruppo si dividerò molto presto, sia in senso fisico sia mentale. I dannati di Varsavia va a stuzzicare l’odierna ossessione per il reality show e per l’horror psicologico, ma ha tutta la potenza visiva di un cinema di stampo classico, bicromatico e splendidamente fotografato. Il film di Wajda ha la potenza metaforica e grafica di The Cube, ma il contesto storico preciso gli conferisce una profondità di tipo differente. Le fogne sono, infatti, una trappola diabolica che fa da sfondo alla gran parte del film, senza dubbio uno dei più claustrofobici che siano mai stati girati.
I dannati di Varsavia [Kanal, Polonia 1957] REGIA Andrzej Wajda.
CAST Teresa Izewska, Tadeus Janczar, Wienczyslaw Glinski, Tadeus Gwiazdowski, Emil Karewicz.
SCENEGGIATURA Jerzy Stefan Stawinski. FOTOGRAFIA Jerzy Lipman. MUSICHE Jan Krenz.
Drammatico/Guerra, durata 91 minuti.