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Gli ultimi fuochi (1976)

domenica 13 Marzo, 2016 | di Luca Giagnorio
Gli ultimi fuochi (1976)
Speciale
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SPECIALE BEHIND THE SCREEN
“Produrre ogni tanto un film di qualità che perde soldi è un atto di generosità”
C’è un’unica scena indimenticabile ne Gli ultimi fuochi: Robert De Niro, alias Monroe Stahr – gran mogul degli Studios nella Hollywood anni ’30 – spiega a uno sceneggiatore, che scrive script con troppi dialoghi, che cosa significa fare un film.

Mimando i movimenti dei tre personaggi all’interno di una stanza il produttore mostra come si debba intrattenere lo spettatore, guidarne lo sguardo, controllarne e plasmarne le emozioni, il tutto attraverso una serie di gesti e di azioni.mediacritica_ultimi_fuochi_290 È paradossale che questa lezione impartita all’interno del film sia disattesa nel corso del film stesso: Gli ultimi fuochi è infatti un mélo verboso, monotono nel ritmo, girato con stanchezza da Elia Kazan (subentrato all’ultimo a Mike Nichols). L’opera che conclude la filmografia del regista di celebri titoli che hanno segnato gli anni ’50 – Un tram che si chiama Desiderio, Fronte del porto, La valle dell’Eden – è un’occasione mancata: superficiale nell’affresco della Golden Age hollywoodiana totalmente dominata da produttori e divi (mentre i registi sono delegittimati e privati di qualunque autonomia creativa), e gli sceneggiatori, costretti a una concorrenza sleale gli uni con gli altri, sono sfruttati come fossero in una catena di montaggio (“credo che il cervello dello sceneggiatore mi appartenga” afferma Monroe Stahr senza ironia), il film non si risolleva nel raccontare la storia d’amore inutilmente melensa e priva di pathos tra Stahr, il cui potere e la cui ricchezza sono direttamente proporzionali al grado di solitudine, e la giovane donna estranea al mondo dello spettacolo della quale si innamora per la somiglianza con la moglie morta. Peccato anche per il sontuoso cast di supporto a De Niro – Robert Mitchum, produttore interessato solo al profitto; Jeanne Moreau, diva capricciosa; Tony Curtis, primattore comicamente superficiale; Jack Nicholson, sindacalista comunista – azzeccato sulla carta (il physique du rôle ce l’hanno tutti), ma soffocato in personaggi monodimensionali, nonostante la sceneggiatura sia firmata dal drammaturgo Harold Pinter. Gli ultimi fuochi ha il sapore di un film dal grande potenziale rimasto però incompiuto, così come incompiuto è il romanzo omonimo di Francis Scott Fitzgerald da cui è tratto: come la grandiosa villa a Malibu che Stahr sta facendo costruire, ancora priva di tetto e muri, simbolo del vuoto interiore che il personaggio tenta invano di riempire, è una sorta di set incompleto dove si spengono lentamente gli ultimi fuochi di quel falò delle vanità che è Hollywood.

Gli ultimi fuochi [The Last Tycoon, USA 1976] REGIA Elia Kazan.
CAST Robert De Niro, Tony Curtis, Robert Mitchum, Jeanne Moreau, Jack Nicholson.
SCENEGGIATURA Harold Pinter. FOTOGRAFIA Victor Kemper. MUSICHE Maurice Jarre.
Drammatico, durata 125 minuti.

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