SPECIALE SERIE TV
La legge (non) è uguale per tutti
Rispetto ad una prima annata necessariamente legata a doppio filo al “modello” Breaking Bad, la seconda stagione di Better Call Saul prende il volo, smarcandosi non solo dall’illustre precedente ma anche… dal suo pubblico di riferimento. Chi guarda Better Call Saul oggi può anche essere del tutto ignaro di cosa ci sia stato prima (cioè, nella cronologia della serie, dopo).
È un risultato eclatante, che dimostra ancora una volta come la qualità del concept, l’idea forte di sceneggiatura e un progetto “a lunga gittata” siano fondamentali per portare a termine un prodotto destinato a restare nella memoria. Sono tutte caratteristiche proprie anche di altre grandi serie tv contemporanee – House of Cards, The Knick, Il trono di spade – ma con una sostanziale differenza: l’origine di BCS è derivativa, marginale, prende spunto da un personaggio minore che, sulla carta, sembrava avrebbe potuto dare origine solo ad una sit-com celebrativa. Come se dei sopraccitati House of Cards e The Knick facessero degli spin-off dedicati a Pete Russo e a Bertie Chickering, per intenderci. Ciò che decidono di mettere in piedi gli ideatori Gilligan e Gould va però ben oltre: una vicenda parallela a quella dell’indimenticato Walter White, da un lato fitta di rimandi – per solleticare il palato di chi conosce BrBa a memoria – e dall’altro “nuova”, vergine, fondata su new entry che da zero sostengono l’intero arco narrativo. La scelta dei nuovi personaggi è ricaduta su Kim Wexler e Chuck McGill, ovvero su una collega di lavoro/partner e su un amato/odiato fratello. La season 2 di Better Call Saul si potrebbe ben riassumere con il suo banner di lancio: un lungo viale asfaltato, che per il nostro protagonista diventa una ripidissima salita. Un mondo popolato da outsider – forse ancora più di Breaking Bad – che devono quotidianamente lottare contro loro stessi e contro chi li vuole togliere di mezzo, in cui la legge non è uguale per tutti e ognuno, per necessità o per propensione, dovrà far emergere il proprio lato oscuro. Compreso il beneamato Mike Ehrmantraut, cui nella seconda stagione viene – giustamente – dato molto spazio. Nonostante la domanda di fondo (ma, appunto, è un quesito necessario solo per i fan di lungo corso) continui ad essere come James sia diventato Saul, la black comedy targata AMC (visibile in Italia grazie a Netflix) continua a tessere trame indipendenti altrettanto stimolanti. E così, fra il rumour FRINGSBACK (ovvero l’anagramma formato dalle iniziali dei titoli degli episodi) e un season finale che sottilmente ribalta le prospettive, inizia a serpeggiare una voce ora non più così peregrina: che Better Call Saul, sulla lunga distanza, possa addirittura essere migliore di Breaking Bad.
Better Call Saul [Id., USA 2015- in corso] IDEATORI Vince Gilligan, Peter Gould.
CAST Bob Odenkirk, Jonathan Banks, Rhea Seehorn, Michael McKean.
Black Comedy/Crime Drama, durata 45 minuti (episodio), stagione 2.