VENEZIA CLASSICI
Fuga dal mondo dei sogni
Prima di assumere il significato socio-culturale odierno, il termine “stalker” faceva riferimento solo ad un enigmatico film di Andrej Tarkovskij, oggetto volante non identificato del Festival di Cannes 1980. Un’opera di culto, come tutte quelle girate dal regista sovietico, vicina e al contempo lontana anni luce dal precedente Solaris (1972).
Disse Tarkovskij: “In Stalker come in Solaris ciò che mi interessava meno di tutto era l’elemento fantascientifico. Purtroppo in Solaris c’erano ancora troppi elementi di fantascienza che distraevano dal tema principale”. Ma qual è il tema principale di Stalker, pellicola che utilizza il mezzo fantastico per palesare invece la propria natura autoriale? “To stalk” significa letteralmente “muoversi furtivamente”, ma anche “avvicinarsi con circospezione”; il protagonista è dunque un tramite, un cicerone che accompagna chi lo desidera all’interno della proibita Zona. E la Zona? “Non simboleggia nulla. La Zona è la Zona, la Zona è la vita: attraversandola l’uomo o si spezza, o resiste”. Fisicamente la Zona è il luogo – desolato e stravolto da cause ignote – in cui si compiono i desideri più segreti. Un cammino che incuriosisce e spaventa, ma che conduce all’estasi. I clienti dello stalker sono uno scrittore e un professore, scettici eppure desiderosi di conoscenza. L’umanista vive nella certezza che la tensione verso la Verità assoluta sia un mito, una delusione in parte mitigabile con l’Arte; lo scienziato, attraverso gli strumenti dello studio e dell’esperienza, vuole svelare il mistero della Zona. Sono due esempi, due modelli, due totem; così come è un totem il loro accompagnatore, animato da un bisogno disperato di fede, dalla necessità di fuga dallo spazio angusto e claustrofobico della propria casa. L’epifania, per il trio, sarà lampante: la Zona è l’unico posto in cui andare quando non c’è più speranza, quando l’essere umano a caccia della propria dignità si rende definitivamente conto di esserne ormai sprovvisto. Ad un passo dalla Stanza il gruppo si arrende, rinunciando ognuno ai propri propositi: è impossibile per l’uomo andare oltre i propri avvilenti limiti. Ci arrendiamo anche noi: quella proposta da Tarkovskij è un’idea di cinema poetica, profetica, filosofica. Una rappresentazione visionaria ed etica più grande del cinema stesso, che sarebbe persino sciocco cercare di esaurire attraverso tutti i suoi “fluidi” e inconoscibili incastri di visione e contenuto. L’unica possibilità è forse non commettere lo stesso errore dello Scrittore e del Professore: ora che la guida Tarkovskij ci ha accompagnato fino alla soglia della Stanza, occorre lasciarsi travolgere dal ritmo stremante e dagli abissi psicologici di questo affascinate e misterioso Stalker. Per scoprire forse, al termine di un viaggio lungo più di 160 minuti, una nuova personale consapevolezza.
Stalker [Id., URSS/Germania Est 1979] REGIA Andrej Tarkovskij.
CAST Aleksandr Kajdanovskij, Anatolij Solonicyn, Alisa Frejndlikh, Natasa Abramova.
SCENEGGIATURA Andrej Tarkovskij (tratta dal romanzo Picnic sul ciglio della strada di Arkadij e Boris Strugackij). FOTOGRAFIA Aleksandr Knyazhinskij. MUSICHE Eduard Artemyev.
Fantascienza/Drammatico, durata 163 minuti.