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Interiors (1978)

sabato 10 Dicembre, 2016 | di Francesco Grieco
Interiors (1978)
Speciale Famiglie Disfunzionali
14
Voto autore:

SPECIALE FAMIGLIE DISFUNZIONALI
C’è un oceano che esplode nella mia testa
Film da camera, sin dal titolo polisemico, Interiors è il primo film in cui Allen si confronta direttamente con il cinema del suo idolo Ingmar Bergman. Forse un po’ oscurato dal trovarsi tra due capidopera della commedia americana come Io e Annie e Manhattan, può sembrare un esperimento manieristico, o un’opera di transizione, ma invece è un film di grande potenza, di crudo realismo.

Il grigiore delle esistenze rappresentate si rispecchia nei toni spenti della fotografia del grande Gordon Willis, nei costumi di Joel Schumacher, negli interni privi di colori brillanti, nell’assenza di musica extradiegetica. È anche il primo film in cui l’Allen attore scompare e lascia tutta la scena a personaggi femminili complessi. mediacritica_interiors_290Nella coralità della struttura narrativa, con variazioni del punto di vista da cui sono narrati gli eventi, la famiglia borghese è il nucleo disfunzionale di partenza, da cui emergono di volta in volta le singole individualità. La figura del padre, Arthur, con la sua decisione di separarsi dalla moglie Eve, pone le basi per gli sviluppi drammatici, scandisce i tempi del disagio, ma rimane tutto sommato monodimensionale, come se fosse una pura funzione del racconto. Nella non-comunicazione dei dialoghi, dove conta di più il non detto – più volte i frustratissimi protagonisti chiedono agli interlocutori di non parlare di un argomento specifico, particolarmente doloroso per loro -, viene fuori la storia familiare di tre figlie in cerca della propria identità, Renata, Joey, Flyn, e di una madre con gravi problemi depressivi, Eve. Come spesso succede nelle famiglie numerose, c’è una sorta di naturale suddivisione/assegnazione di ruoli, in base alle diverse età e personalità, all’interazione prolungata tra i membri. Joey, ex bambina prodigio, da cui Arthur si aspettava grandi cose, proprio per questo da adulta sembra priva di direzione, repressa nella sua creatività, annoiata, annichilita dalla vicinanza con la madre lontana affettivamente; cambia continuamente attività, invidia il successo professionale di Renata, la sorella poetessa, a cui rimprovera l’ottimismo eccessivo, che illude Eve sulle reali possibilità di tornare con Arthur. Flyn, la terza sorella, è un’attricetta di bell’aspetto che, nell’economia del film, è piuttosto marginale, finendo per corrispondere a come la descrive, mentre tenta di stuprarla, Frederick, l’uomo di Renata: “Tu non esisti, tranne che negli occhi degli altri”. Frederick, scrittore costretto a insegnare, è una figura edipica, afflitta da complesso di castrazione. La sua rabbia è la stessa di Joey, quella di chi si sente senza talento, non amato. Solo quando, nel sottofinale straordinario, di puro cinema, Pearl, la nuova moglie di Arthur, le salva la vita, Joey si accorge che ha trovato una nuova madre. Può rinascere, dalle onde materne dell’oceano, dove Eve s’inabissa. “Yes, it’s very peaceful”.

Interiors [Id., USA 1978] REGIA Woody Allen.
CAST Geraldine Page, Diane Keaton, Mary Beth Hurt, Kristin Griffith, Richard Jordan.
SCENEGGIATURA Woody Allen. FOTOGRAFIA Gordon Willis. MONTAGGIO Ralph Rosenblum.
Drammatico, durata 93 minuti.

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