It’s all good, man
Ormai ne siamo certi: la cosa che conta di più nella vita sono i soldi. Se c’è un insegnamento che la serie ideata da Vince Gilligan e Peter Gould ci impartisce è proprio questo. Con ciò non che i soldi facciano necessariamente la felicità, ma che tutto, in un modo o nell’altro, ruoti sempre attorno a questi.
Nella terza stagione di Better Call Saul le banconote sono una vera e propria ossessione: svolazzano nell’aria, vengono arrotolate, impacchettate, ammassate, nascoste, sono sempre il fulcro e il motore dell’azione. Dai dollari dipende la vita di ognuno dei personaggi e l’odio e l’amore sono sentimenti che scaturiscono sempre in relazione a come i soldi vengano donati, guadagnati, spesi, persi, rubati. Questo è importante per comprendere l’evoluzione del mondo di BCS, che cerca di far risaltare sempre di più il contrasto tra la materia e gli affetti, tra il potere d’acquisto e le passioni. Centrale continua a essere naturalmente anche lo scontro fraterno tra Jimmy e Chuck, con il primo che rincorre il secondo cercando di farsi compatire e l’altro che, oltre a respingerlo, si oppone a ogni cosa che possa mettere in discussione la sua autonomia o la sua capacità di poter lottare contro la (probabilmente) immaginaria malattia. Se c’è una cosa che riesce bene a Gilligan e Gould è quella di miscelare con grande sapienza vari generi, facendoli procedere su strade che pian piano tendono sempre di più a convergere. In questa terza stagione comincia poi ad accentuarsi anche il rapporto con l’universo di Breaking Bad: sempre più figure connesse tra loro, sempre più richiami a quel modo di costruire e impostare la risoluzione degli eventi, sempre più una caratterizzazione dei personaggi che insegue una forma specifica avendo di fronte agli occhi il modello perfetto e non scalfibile di BrBa. La sensazione è quella che si stia puntando alla costruzione di una macronarrazione che possa seriamente ispirare un nuovo modo di edificare strutture potenzialmente infinite con un gesto narrativo estremamente scontato: fare di quello che è un semplice spin-off una specie di vero e proprio nuovo organo di un corpo ben articolato che va assemblandosi stagione dopo stagione. Ma Better Call Saul, alla fine, vince grazie ai dettagli: la sua più grande forza sta in quelle che potremmo definire “scene di introspezione”, nelle quali un personaggio affronta una situazione critica cercando di superarla e facendo sempre e comunque i conti con se stesso, con le proprie paure, con i propri conflitti. Perché ciò che ci rende infinitamente sani è riuscire ad accettare ciò che siamo anche se, alle volte, può non piacerci. E questo James McGill lo sa. O forse dovremmo iniziare a chiamarlo Goodman. Saul Goodman.
Better Call Saul [id., USA 2015 – in corso] IDEATORE Vince Gilligan, Peter Gould.
CAST Bob Odenkirk, Jonathan Banks, Rhea Seehorn, Patrick Fabian, Giancarlo Esposito.
Drammatico/Commedia/Thriller, durata 42-57 minuti (episodio), stagione 3.