Tra realismo e onirismo
Uscito in Francia nel 1934 con un titolo e delle musiche diverse da quelle volute dall’autore, L’Atalante fu un film tanto travagliato nelle sue vicende produttive e distributive quanto amato e ricordato da cinefili e addetti ai lavori.
E, in effetti, i motivi per rivedere la pellicola di Jean Vigo (da lunedì nelle sale italiane in versione restaurata) sono molteplici: la sequenza subacquea che molte persone identificano anche come la sigla di Fuori Orario di Enrico Ghezzi, l’istrionismo recitativo di Michel Simon e il connubio tra il romanticismo della storia narrata e la tenera ironia di certe situazioni e certi personaggi. Ma se oggi l’opera viene considerata come un caposaldo della storia del cinema è soprattutto per i suoi aspetti più sperimentali e innovativi, in primis l’unione e l’alternanza tra il sostanziale realismo della messa in scena e l’onirismo di alcune importanti sequenze. Qui, nel raccontare la storia di Jean e Juliette, due novelli sposi che viaggiando su una chiatta litigano e poi si riappacificano, Vigo adotta due modalità espressive differenti (verismo e surrealismo, appunto) per rappresentare i concetti dell’amore e del desiderio. Due sentimenti che la parte sognante evidenzia sia nella già citata sequenza sott’acqua, nella quale i pensieri amorosi del protagonista vengono mostrati tramite l’apparizione in sovrimpressione della sposa, sia nel famoso montaggio alternato a dissolvenze incrociate sui due personaggi principali, che – momentaneamente separati – si dimenano sui propri letti pensando (anche eroticamente) l’uno all’altra. Ma l’amore e, soprattutto, il desiderio sono rappresentati anche da elementi più tangibili e concreti, dunque più ancorati al reale: è il caso, per esempio, dei manichini orientali che il marinaio mostra a Juliette, la quale a sua volta li guarda con curiosità e ammirazione. Oggetti che per la protagonista (nata e cresciuta in un villaggio) sono le prime finestre su paesi esotici e leggendari e sottolineano perciò la sua volontà di scoprire mondi nuovi e sconosciuti. Qui, dunque, l’amore e il desiderio (sessuale o di scoperta e avventura) sono rappresentati tanto dall’immaterialità dei sogni e delle visioni quanto da oggetti “reali” che in tal caso acquisiscono anche una funzione semantica. Elementi che rendono quest’opera lirica e poetica e dimostrano inoltre la ricchezza di un titolo tanto minimale nella sua storia quanto pieno d’idee e d’inventiva, tanto sfortunato alla sua uscita quanto successivamente amato e ricordato da critici e registi, tra cui da François Truffaut, che l’ha annoverato tra i film della sua vita.
L’Atalante [id., Francia 1934] REGIA Jean Vigo.
CAST Michel Simon, Dita Parlo, Jean Dasté, Gilles Margaritis, Louis Lefebvre.
SCENEGGIATURA Jean Vigo, Albert Riéra. FOTOGRAFIA Boris Kaufman. MUSICHE Maurice Jaubert.
Drammatico, durata 89 minuti.