Un delitto (im)perfetto
Un omicidio violento ed efferato. Sangue, botte e morte si cedono il passo, una freddezza che inchioda. Due individui: un vagabondo, Elwood (Christopher Abbott), e un uomo onesto, Sam (Jon Bernthal). Uno, killer spietato e aggressivo, l’altro, proprietario di un motel, ex campione di Rodeo (i premi, i ricordi, i flashback in slow motion), dedito al lavoro.
Un incontro il loro che darà vita a un’amicizia pericolosa e misteriosa in cui l’uno entrerà a gamba tesa nella vita dell’altro. Due vedove, Lila (Imogen Poots) e Bernadette (Rosemarie DeWitt), unite dallo stesso dolore, la morte dei rispettivi compagni. Un’ondata di violenza da cui nessuno riesce a liberarsi, anzi, il laccio intorno al collo di ogni personaggio si farà sempre più stretto. Questo è il centro di Sweet Virginia, il secondo lungometraggio di Jamie M. Dagg (River), scritto da Benjamin e Paul China, film ancora inedito in Italia. Sweet Virginia parte da un plurimo omicidio, dall’oscurità in cui all’improvviso, e quasi senza un senso, la “Morte” arriva e fa una mattanza. La pellicola prende le mosse dai tipici stilemi del cinema noir ma ne elimina la suspense immergendo il film in un accessus et recessus da cui esce un inquietante e melancolico stato di sospensione. Dagg tenta di rimettere in scena una dinamica cara al cinema di genere riproponendo Il delitto perfetto di Alfred Hitchcock ma l’omicidio su commissione diventa qui solo un mero strumento per narrare altre storie. Sweet Virginia strizza l’occhio alle atmosfere plumbee e sofferte della filmografia dei Fratelli Coen (Fargo, Non è un paese per vecchi), alla violenza senza fine, quasi silenziata e silenziosa che ammorba e ammala ogni centimetro della provincia, ma è priva del loro sguardo, ironico e dolente, matto e brutalmente cinico. Fa eco alla struttura tentacolare tipica di film come 21 grammi in cui Alejandro Gonzáles Iñárritu tesse un groviglio di trame senza dare il senso della pesantezza e della disomogeneità ma componendo un mosaico dove ogni tessera ha una sua armonica funzione. Sweet Virginia invece sembra essere intrappolato nei frammenti da cui è composto, come se lasciasse andare quel lento e inesorabile fluire senza interessarsene, come se si piacesse così tanto da non curarsi di se stesso. La narrazione va avanti inanellando scene su scene che presentano i vari personaggi, li lega insieme mettendo ai due poli di questa vicenda Elwood e Sam e in mezzo Lila e Bernadette, entrambe con una storia pesante e asfissiante, entrambe con un ruolo nella storia più grande, racconto di afflizione e mestizia. Il film è uno svogliato intreccio che cammina inesorabile tra le relazioni fra i personaggi (Sam e Elwood, Bernadette e Sam), è un thriller che non coinvolge lo spettatore, nonostante le buone prove dei suoi protagonisti, e lo tiene a distanza con la boria tipica di un certo cinema che vuole fare l’intellettuale.
Sweet Virginia [id., Usa/Canada 2017] REGIA Jamie M. Dagg.
CAST Jon Bernthal, Christopher Abbott, Imogen Poots, Rosemarie DeWitt.
SCENEGGIATURA Benjamin China, Paul China. FOTOGRAFIA Jessica Lee Gagné. MUSICHE Will Blair.
Drammatico, durata 105 minuti.