ANOTHER BRICK IN THE WALL
Il giardino del vicino
Un guard rail, una ringhiera, un recinto di filo spinato. Red Family inizia con un triplice confine. Ma l’unico che conta davvero è quello attraversato dai protagonisti, quattro spie nordcoreane inviate in missione nella Corea del Sud. All’apparenza, una famiglia perfetta, soprattutto al confronto di quella rumorosa e problematica dei nuovi vicini di casa. In realtà, dietro le mura, si consuma l’esistenza di quattro individui costretti dalle pressioni del regime a convivere e uccidere in nome del Paese.
Scritto da Kim Ki-duk per la regia di Lee Ju-hyoung, Red Family torna a proporre un tema caro al cinema sudcoreano contemporaneo, da Secret Reunion di Hun-Jang a As One di Moon Hyun-sung: l’esigenza apparentemente irrealizzabile di una riconciliazione tra le due Coree. Un messaggio affidato in modo esplicito ai figli adolescenti delle due famiglie, che finisce per estendersi a tutti i componenti. La struttura chiasmica del film sottolinea a più riprese opposizioni e parallelismi tra i due nuclei familiari, a partire dalla disposizione nei rispettivi spazi domestici. Se la famiglia sudcoreana condivide disordinatamente un divano semi-circolare, il capo in comando delle spie redarguisce dalla poltrona i tre compagni a rapporto. Mentre i vicini si esibiscono in continue liti in giardino, i nordcoreani assistono dal balcone al palcoscenico delle vite degli altri, fino a realizzare che ciò che li tormenta è l’inautenticità delle proprie.
Il concetto di messa in scena è ripetutamente evocato, oltre che dal rapporto tra fuori e dietro le quinte, dal proliferare di fotografie e registrazioni nella duplice funzione di denuncia e finzione. Non manca peraltro l’autocitazione di Kim Ki-duk, con la proiezione al cinema del memorabile Poongsang, scritto dal regista sullo stesso tema. Ne risulta un film non privo di difetti, soprattutto nella mescolanza non sempre riuscita di registri narrativi e in alcune scelte didascaliche di rappresentazione. Per esempio, la progressiva mancanza di luminosità in corrispondenza al salire dei livelli gerarchici di spionaggio. Tuttavia, la prova del cast sopperisce alla caratterizzazione sommaria dei personaggi e, nel complesso, il film riesce a veicolare efficacemente il messaggio: quello di una sostanziale identità tra i due fronti, se non a livello politico, in quanto la critica a capitalismo è decisamente più blanda di quella al regime, almeno a livello umano. La famiglia sudcoreana non è esente da contraddizioni e violenza, così come la società che li circonda. Come a sottolineare che, pur in condizioni diverse, le pulsioni e le ambizioni dell’animo umano restano le stesse. E che, una volta innalzato un muro, non basta abbatterlo per tornare indietro.
Red Family [Bulg-eun gajog, Corea del Sud 2013] REGIA Lee Ju Hyoung.
CAST Kim Yumi, Park Soyoung, Son Byeongho, Jung Woo.
SCENEGGIATURA Kim Ki-duk. FOTOGRAFIA Lee Chunhee. MUSICHE Choi Inyoung.
Drammatico, durata 99 minuti.