SPECIALE SECONDA GUERRA MONDIALE
Gli occhi degli altri
Girati in contemporanea nel 2006, Flags of Our Fathers e Lettere da Iwo Jima rappresentano due esempi speculari di racconti dal fronte della Seconda Guerra Mondiale: il primo demitizza l’epopea (bellica) statunitense, il secondo ribadisce l’urgenza civile del contatto umano nella fredda scena di trincea dentro il monte Suribachi.
Se nel primo capitolo è messo a fuoco (e decostruito) il sistema mediatico americano attraverso le gesta di sei eroi e di un’alzata di bandiera immortalata nel 1945 da Joe Rosenthal, poi venduta come ostensione sacrale della vittoria a stelle e strisce, nel secondo la narrazione classica di Eastwood intreccia, sul tessuto sonoro cadenzato e soffuso da lui composto, immagini desaturate di soldati giapponesi nell’oscurità, fantasmi tra i fantasmi, nascosti nelle gallerie sotterranee dentro il monte Suribachi, lo stesso che sarà ripreso dallo scatto del fotografo con i servitori della patria a fare da testimonial politici. Nelle viscere della terra, archetipo del “ritorno alla madre ctonia”, dove i combattenti scavano gallerie che diverranno presto tombe polverose, parole vergate in fretta su carta ingiallita e stropicciata rimangono sepolte a lungo, corrose dal tempo e dai fumi della guerra, poi ritrovate nel 2005 da un gruppo di ricerca. Sepolto nei tunnel, tra miasmi di feci e urine e rimbombi di granate, guidati da generali integerrimi e da altri più idealisti, il manipolo di (r)esistenti imprigionato nel bunker naturale parla, si agita, vive e muore prima dell’annientamento da parte del nemico pronto a sbarcare sulle coste di “Iwo Jima, deserto di fuoco”. Ispirato al libro Picture Letters from Commander in Chief del generale Tadamichi Kuribayashi, il film, corale e antimilitarista, lontano anni luce dalla spietata parabola del self made man e “american sniper” Chris Kyle, sembra rivelare l’intimo segreto della “scenografia poetica” di Paul Valéry, riportata in auge da Giraud nella disamina di due parole chiave, “puro” e “ombra”; nelle fauci della sacra altura uomini-ombra ritrovano tutto ciò che è puro e incontaminato in uno sfondo teatrale in cui gli dei atarassici kurosawiani sono occupati in altre faccende. Rimane l’uomo, il suo corpo martoriato e sporco. Restano le sue storie, affogate nella fotografia da apnea notturna di Tom Stern, illuminata a intermittenza dal fuoco nemico. I frammenti di vite passate che non torneranno più. I ricordi presto scrostati dalla patina illusoria di un tempo creduto assoluto. Parole, opere e (o)missioni che non conoscono colori o nazioni, in bilico tra un lirismo mai retorico e il desiderio di guardare il mondo con gli occhi degli altri. Di un americano, o semplicemente di un altro uomo.
Lettere da Iwo Jima [Letters from Iwo Jima, USA 2006] REGIA Clint Eastwood.
CAST Ken Watanabe, Kazunari Ninomiya, Shido Nakamura, Tsuyoshi Ihara, Ryo Kase.
SCENEGGIATURA Iris Yamashita. FOTOGRAFIA Tom Stern. MUSICHE Clint Eastwood, Michael Stevens.
Guerra, durata 142 minuti.