Chi scrive questo editoriale non è a Venezia. Non ci va da anni. Per motivi tutto sommato semplici: quando non si deve scrivere per qualche testata, ed essendo impegnati in ruoli didattici e su differenti compiti (per esempio recensire le prime visioni e non le pellicole al Lido), si fa volentieri a meno di file, zanzare, colleghi, cibi scadenti e tutto il resto.
Tuttavia rimane quel filo di invidia che rode, e che porta a leggere con avidità gli scritti dei nostri inviati di Mediacritica, che stanno seguendo il festival con la stessa libertà e la medesima autonomia di sempre. Recensiamo quel che ci sembra opportuno, analizziamo comunque tutti i film che escono anche in prima visione, e cerchiamo di offrire un prisma critico sul festival quanto più possibile sfaccettato.
E dunque com’è questa Mostra, a giudicarla leggendo Mediacritica, e leggendo gli amici delle altre testate su web e su carta? Meglio del solito, all’apparenza, almeno stando ai giudizi medi che emergono dal coro critico. Pur essendo ormai il festival che raccoglie ciò che Cannes lascia per strada, Venezia si riconferma numero due al mondo, che non è niente male. Meglio essere Nadal che Roddick, insomma, e meglio essere l’Inter che la Juventus, per rimanere a ex numeri uno che comunque se la cavano benissimo se paragonati agli altri nobili decaduti. Il nuovo che avanza? Roma no di certo, in chiaro ridimensionamento (se ne parla pochissimo e ha finalmente vestito i panni più consoni del festival metropolitano). Torino? Resta capofila dei festival medi. I festival specialistici? Sono i nostri preferiti, nonché la vera spina dorsale della cultura cinematografica di esposizione e mostra, ma non vanno fatti competere con Venezia.
Ora, però, la sfida è un’altra. Da tempo i film presentati e premiati a Venezia non attraggono pubblico. Fatta la tara allo strapotere commerciale di blockbuster e multiplex, bisogna ricominciare a dimostrarsi in grado di parlare agli spettatori. Che sia la volta buona?