Al lettore, ci rendiamo conto, verrà voglia di fuggire a gambe levate. Un altro articolo su Ostuni e Carofiglio? Un altro editoriale sui confini della libertà di opinione? D’accordo, avrebbe ragione. Non se ne può più. Tuttavia, nella convinzione che la questione investa anche la critica cinematografica, mi permetto di intervenire.
Anzitutto: secondo me sbagliano entrambi. Sbaglia in maniera evidente Carofiglio, trascinando davanti a un tribunale un critico e un collega per un’unica, evidente motivazione, sentirsi offeso dagli sprezzanti giudizi di costui. Pensate se ciascuno di noi dovesse intasare il lavoro dei giudici di pace ogni volta che qualcun altro gli ha dato dello scemo su Facebook o via sms. Che ciò accada mentre l’Italia intera soffre di crisi, precariato e povertà, la dice lunga sull’ego maniacale degli scrittori (e sulla demenza del sistema dei premi letterari) di questo paese.
D’altra parte sbaglia anche Ostuni. Può venire in mente a un editor di una casa editrice sconfitta a un premio letterario di sfogarsi a suon di insulti contro un rivale, in palese e penoso conflitto di interessi? Si era già (s)qualificato nell’atto stesso di scrivere quelle fesserie, e solo qualcuno privo di qualsiasi senso del ridicolo avrebbe potuto pensare di farne un caso. Poi sbagliano i firmatari della difesa di Ostuni. Insultare su Facebook non è critica. Non tanto per l’insulto, o per il luogo – su FB, anche se in maniera non istituzionale, ci si può imbattere in ottimi esercizi critici – quanto per la malafede di chi scrive. E in ogni caso la critica – al di là della raffinatezza dei propri modi – dovrebbe evitare di dare giudizi morali ed esistenziali su chi è preso di mira. Se io scrivo che – un nome a caso – Cristina Comencini fa film orrendi, ed è una pessima regista, è gioco facile ma legittimo. Se scrivo che è una sfigata, che getta pellicola alle ortiche e ha il cervello di una formica, non faccio critica, ma pratico (male) la figura retorica dell’invettiva.
E soprattutto sbagliano i legislatori. Finché non verrà depenalizzato il reato d’opinione (a meno che non contenga falsità o accuse non comprovate), affolleremo i tribunali per emerite sciocchezze. Usiamo il caso Carofiglio per rivendicare il diritto di dare dello stronzo a qualcuno senza rischiare la querela. Ma poi non chiamiamola critica.