Come archiviare il 2014? Stando al box office non è stata un’annata indimenticabile. Manca ancora la settimana più importante per verificare gli incassi ma difficilmente si chiuderà con cifre esorbitanti. Il cinema americano ha faticato, quello europeo ha prodotto più di quanto sia riuscito a mettere sul mercato e anche qui da noi, nonostante una stagione vivace e il puntuale arrivo dei cinepanettoni, non si prevedono botti di fine anno come successe con Zalone. Né sarà facile vincere un altro Oscar: “cercheremo di non sfigurare” ha risposto laconico Virzì alla notizia della nomination.
Con poco più di un colpo (di coda), il 2013 era stato molto positivo per il cinema italiano. Il 2014 non sfigura, non è drammatico, ma non sembra aver risolto le problematiche che l’industria cinematografica si porta dietro da un po’. Quelle più evidenti, in tempo di classifiche, sono i ritardi e le scelte della distribuzione. Per fare un esempio, nell’elenco dei 25 migliori film del 2013, stilato l’anno scorso da un popolare sito di critica cinematografica, ben 14 titoli non erano usciti nelle sale italiane. Peggio ancora le serie TV. Ne abbiamo vista qualcuna in contemporanea (o quasi) col paese di produzione solo di fronte ad un successo planetario, ma delle altre cento ne sono arrivate meno di un terzo e, salvo rare eccezioni, mentre altrove era già in corso la season finale.
Incuranti di spettatori appassionati che da tempo hanno cambiato abitudini, da una parte, programmazione e strategie di mercato non aiutano a frequentare le sale, dall’altra i poco dinamici servizi on demand non sono un’alternativa per chi, pur volendosi comportare legalmente, rivendica il diritto alla visione nel consumo domestico. La mancata rapidità nella distribuzione è di conseguenza ingigantita dalla concorrenza illegale o semi-legalizzata. Basti pensare all’ambiguità di Youtube, ormai pieno di film completi, o alla rinnovata prosperità dei siti che permettono visioni in streaming che – a dispetto di ogni battaglia persa in tribunale – trovano puntualmente un nuovo hosting da cui ripartire. Ma il dato che dovrebbe preoccupare davvero (o per lo meno far aprire gli occhi a chi non vede altro che pirateria) è la sempre più alta sinergia e specializzazione tra i cultori del file-sharing. Negli ultimi due anni, in maniera esponenziale, i Robin Hood della rete si sono dimostrati più efficienti nel confezionare film di qualità eccellente a basso bit-rate mentre una comunità altrettanto organizzata, con precisi standard lavorativi, li ha coadiuvati sfornando sottotitoli in tutte le lingue, curati nei minimi dettagli (dalle canzoni al testo per non udenti). Il più celebre nemico degli studios, il torrent, ha lasciato il “mulo” e, grazie alla fibra ottica e alla stabilità dei nuovi ADSL, viaggia velocissimo mettendosi a disposizione “appena possibile” (ASAP è la firma di un noto ripper). E se prima sfamava solo i poveri, con versioni pressoché incommestibili (le CAM, da telecamere amatoriali), oggi sazia la gola cinefila di chi vuole fruire il prodotto filmico come avverrebbe in un futuristico 2014 sognato negli anni Novanta: senza limiti e al tempo di un click; svincolato dalle scelte di distribuzione e doppiaggio; in alta risoluzione anche a casa, dove l’home theater, non più cosa da ricchi, permette di replicare l’esperienza cinematografica (persino il 3d è migliore) comodamente in salotto.
Sono i focolai di una piccola rivoluzione già in atto, diretta conseguenza dell’espansione della banda larga. Non è più una questione di gratis vs. a pagamento. Lo abbiamo scritto tante volte, molte delle persone che scaricano dal web sono poi le sole ad andare spesso al cinema durante la settimana, a partecipare ai festival, a comprare più materiale audiovisivo. Piuttosto che tentare di racimolare il malloppo stagionale nella settimana natalizia e maledire i pirati, un buon proposito per il 2015 potrebbe essere quello di guardare in modo diverso questo mondo in evoluzione e investire su chi il cinema lo ama, disperatamente, tutto l’anno.