Hitchcock, Sabotage, 1936: potrebbe essere la più grande pagina di suspense mai filmata: il ragazzino fratello della protagonista è incaricato dal marito di lei, che è un terrorista, di portare un pacco in un certo posto entro una certa ora; lui non lo sa ma il pacco contiene una bomba a orologeria. Scandita da una successione ossessionante di orologi, noi vediamo la sua camminata, ritardata dalla parata che blocca le strade, mentre si avvicina il momento in cui la bomba esploderà.
Suspense – ma che cos’è la suspense? È una sospensione, è chiaro, “ma ben pochi si spingono a spiegare cosa venga sospeso nella suspense, se tale sospensione appartenga al testo o a chi lo legge o lo guarda”. Così scrivono Damiano Cantone e Piero Tomaselli nel recente bel volume Suspense! Il cinema della possibilità (Orthotes Editrice, Napoli-Salerno 2016, pp. 381, E. 23). Il testo parte infatti da questa cognizione fondamentale e sovente trascurata: la suspense è un duplice movimento, da un lato un dispositivo drammaturgico interno al testo filmico (o non), dall’altro qualcosa di spostato sullo spettatore, uno stato d’animo simile all’angoscia: dunque una strategia diegetica che provoca un sentimento. Condizione di tutto ciò è naturalmente il requisito che lo spettatore ne sappia più del personaggio (l’esempio del ragazzino con la bomba): un punto di vista narrativo, per inciso, che a parere di chi scrive può essere proficuamente esplorato attraverso il concetto di ironia secondo Northrop Frye.
Suspense! è una vera enciclopedia della riflessione sul tema (per questo è utile anche come bibliografia); prende accuratamente in esame tutti gli approcci teorici, sul piano psicoanalitico (con Lacan, Metz e Žižek), su quello narratologico (partendo da Barthes, ma è sempre inevitabile l’incontro con il genio di Aristotele), su quello filosofico (Husserl e Heidegger in primis). Per questa via, attraverso un percorso molto denso, Tomaselli e Cantone arrivano a una definizione formale della suspense, la sua dimensione e le sue condizioni. Assai utile appare il richiamo al concetto deleuziano di “smarcatura”, un segno che produce una ri-significazione “diversa e incerta” di quello che vediamo (pensiamo a un film recente come It Follows).
Nella seconda parte del volume la ricerca teorica viene applicata all’analisi di 30 film tramite trenta Stimmung (o meglio Stimmungen) narrative, intese come “figure catalizzatrici e acceleratrici di suspense che incrementano, se presenti, il transfert esistenziale con lo spettatore”: ad esempio, l’handicap, con Gli occhi della notte di Terence Young. Una poderosa carrellata a concludere un libro impegnativo, intelligente e di grande utilità.