Storia di una vittoria annunciata
La 72 ^ edizione del Festival di Sanremo (dal 2 al 5 febbraio 2022 su Rai 1), diretta e condotta per la terza volta da Amadeus, si è conclusa con il trionfo annunciato di Mahmood e Blanco con Brividi, seguiti da Elisa e Gianni Morandi.
È stata un’edizione tanto particolare quanto ambivalente: quella del ritorno del pubblico all’Ariston; quella in cui gareggiano insieme Gianni Morandi, Massimo Ranieri, Iva Zanicchi, Donatella Rettore e Sangiovanni, Tananai, Rkomi, Mahmood e Blanco.
L’edizione della “gioia” – a detta dello stesso presentatore – dei padri e dei figli, delle donne e degli uomini, della fluidità di musica, genere e idee – la maschera Checco Zalone e l’elegante e profondissima Drusilla Foer che parla di unicità, la romanità dissacrante di Sabrina Ferilli e Maria Chiara Giannetta, reduce del successo di Blanca –, elementi che non vengono sempre gestiti bene da Amadeus ma sono indizi di un cambiamento in atto. Proprio per questo lo share è stato così alto, giovani, donne, laureati, tutti incollati ad assistere a quello che è ancora oggi, o meglio è tornato ad essere, un rito collettivo, l’evento polarizzante dell’anno perché come è noto “Sanremo è Sanremo”. Sì, è vero, potrebbe sembrare un concorso granitico ma in realtà molte cose sono cambiate, la kermesse mostra che il Sanremo di oggi sta dialogando con la sua anima originale. Tornano Emma inguainata in Gucci, Elisa angelica in abiti bianchi, citazione di quelli con cui ha trionfato ventun anni fa, Morandi in ginocchio dalla santa musica, Ranieri pieno della sua canzone.
Ci sono i nuovi nomi, quelli che piacciono ai “giovani”, Rkomi, la Rappresentante di Lista, Ditonellapiaga che duetta con Rettore. Ci sono i look di Blanco, Mahmood e Michele Bravi per cui ancora la stampa si stupisce: uomini che si “appropriano” degli abiti, che per cliché arcaici dovrebbero essere femminili, perché la moda è un gioco, perché gli abiti sono una pelle da abitare. È il Festival in cui Emma è diretta da Francesca Michielin, in cui le donne porgono i loro fiori agli uomini ma è anche quello in cui Ornella Muti sul palco non racconta la propria carriera ma parla dei grandi con cui ha lavorato.
Sono state cinque serate in cui musica, comicità, racconti, messaggi più o meno consapevoli, hanno preso il loro spazio, affermandosi cartina di tornasole di chi e di cosa siamo, fotografia di ciò che in qualche modo tenta di definirci come gruppo, utili a lenire le ferite di questi anni così difficili. Questo Sanremo, nonostante i voti più che lusinghieri, sembra essere comunque ancora lontano dalla rivoluzione totale, linguistica e “narrativa”, ma è stato sicuramente uno spettacolo che ha fatto riunire il pubblico intorno al falò “catodico”.