L’evoluzione nella linearità del racconto
La pioggia di lodi e premi che ha ricoperto The Last of Us sono solo la punta dell’iceberg a far identificare il game come un’opera matura e all’altezza di medium già più affermati a livello artistico.
Infatti ciò che realmente ha dato un’aura prestigiosa al prodotto è il fatto che in molti abbiano trovato una narrazione adulta, assente di didascalismi e in particolar modo con l’elemento fantastico ad esser relegato come sfondo contestuale di due personaggi che si confrontano con una situazione eccezionale. Joel e Ellie sono due anime perdute in un mondo devastato da un virus che trasforma le persone in mutanti, un mondo retto sul precario equilibrio tra organizzazioni parastatali e clan di briganti. È il sopravvivere a divenire centrale, ciò si ripercuote non tanto nel gameplay (da un certo punto in poi si ha un armamentario abbastanza profondo per affrontare anche scontri aperti, nonostante questi rimangano caldamente sconsigliati) ma nel considerare – noi stessi in primis – qualsiasi cosa, persone e no, come una semplice risorsa da utilizzare per restare vivi. Tutto perde valore ai nostri occhi e a quelli dei due protagonisti. Joel, uomo di mezz’età che da vent’anni ormai sopravvive a quest’inferno e adattatosi vive per sé, deve scortare Ellie, forse la sola risorsa per sconfiggere il morbo in quanto unica sopravvissuta all’infezione. Ellie è una ragazzina che invece ha vissuto troppo precocemente il contatto con una società al collasso e disumanizzata, libera da ogni freno morale. Un rapporto sostitutivo tra padre e figlia, rinnegato a parole ma confermato nei fatti, è probabilmente la prova della perdita di una concezione nei confronti di un bene comune, o forse no: Joel predica la solitudine e il vivere per sé, ma probabilmente riscopre la necessità di esistere per qualcun altro, cosa che aveva perduto proprio nel giorno in cui l’apocalisse ebbe inizio. In questo il finale coglie una sfumatura contrastante e non risolta sulle azioni che progressivamente tolgono nel giocatore l’ovvio impegno rivolto all’universale dei propri obiettivi per concentrarsi sull’osservazione di desideri, personali ed emotivi. The Last of Us riafferma la capacità narrativa di Naughty Dog, passata sempre inosservata nonostante la realizzazione della serie Uncharted, in un equilibrio non facile tra la leggerezza di una commedia brillante e il più classico senso epico d’avventura. In quest’ultima realizzazione il contesto fantastico non divora mai il rapporto tra personaggi e giocatore, lasciato senza possibilità di scelta ma con unico scopo, quello di proseguire nell’avventura già scritta dagli autori. The Last of Us è un gioco classico, lontano dagli sperimentalismi un po’ fini a sé stessi di un David Cage (che non a caso definì questo modello come quello di un porno: azione-trama-azione), e che vuole essere l’apice di questa generazione in termini di linearità narrativa, con una maturità nel racconto di certo anomala nel panorama videoludico, che però mostra dei limiti di reale originalità nell’usare – registicamente e narrativamente – tecniche ben poco innovative e proprie del racconto di formazione, provenienti dal più abusato cinema indipendente statunitense.
The Last of Us [USA 2013] SVILUPPATORE Naughty Dog.
DISTRIBUTORE Sony Computer Entertainment. PIATTAFORME Playstation 3.
Azione, Survival Horror.