SPECIALE GRAND THEFT AUTO V
Biciclette! Bazooka! Donne nude! Cani che si accoppiano! AK47! Rapine! Eppure…
Il mondo si divide in due categorie: i fan di GTA e chi scava. Vale anche per il fandom di GTA; ci sono quelli con la pistola carica, che aspettavano GTA V come un Nuovo Messia; e una minoranza non silenziosa che sperava di vedere, nell’addio di Rockstar alla generazione 360/PS3, il compimento del percorso autoriale che aveva generato GTA IV.
Cinque mesi dopo, a mente fredda, la minoranza è l’unica frazione infelice di quella parte di popolazione mondiale che non scava. O forse no: nessuno rimpiange davvero sessanta ore di gioco in compagnia di Michael, Trevor e Franklin. Il vostro amico Valdecrazio dice di essersi annoiato? Benissimo! Mente. Perché biciclette! bazooka! donne nude! cani che si accoppiano! AK47! rapine!, in GTA V c’è tutto, in un secchio, con un uovo in cima. Eppure scrollatevela voi di dosso, quella sensazione di aver giocato a un imperfetto punto di partenza, una base su cui costruire meraviglie, sì, ma tra qualche anno, grazie.
GTA IV era il miracolo di Rockstar: dilatava, senza diluirla, una storia dal sapore cinematografico. Nel 2013 il cinema è morto: se la saga nasce per violentare il pop, naturale evoluzione è azzannare piuttosto le serie tv. GTA V è il tentativo di far incontrare i Soprano, Breaking Bad e (?) The Wire: una tripla narrativa intrecciata e incorniciata da una storia di rapine in banca – perfetta per la scansione episodica del racconto.
Problema: lo stile Rockstar, quella satira feroce e ubiqua (quindi senza veri bersagli) che, qui più che mai, percola fino alle fondamenta della narrazione. Il risultato è parossistico, sempre urlato: una raccolta autoreferenziale di tropes e soluzioni estreme, a cui manca il lusso di un sussurro. Michael strilla sempre: contro la moglie, i figli e lo psicologo e gli amici, quando si sveglia e quando fuma il bong. Il calco è Tony Soprano – confrontate le ville dei due. Differenza: Tony era un uomo, Michael una frazione. Il volume a cui urla dopo cinque minuti è lo stesso delle ultime scene, gli argomenti anche: il dualismo criminale/padre di famiglia si perde in un oceano di suoni dove i suoni sono i ruggiti incazzati di un tizio che prometteva di farsi amare e che, in ultima analisi, è comodo da usare durante le sparatorie perché se premete L3+R3 si attiva il rallenty.
E Trevor, lo spirito di GTA fatto uomo? Amorale, fuori controllo, pansessuale; impossibile sbagliarlo. Trevor uccide, ma sua madre lo odia; tortura innocenti, ma salva la vita a Michael: forse non è solo un buco nero. BrBa è dietro l’angolo, eppure cosa ci ricordiamo di lui? «Sai l’orsetto di pezza che ha in casa? Te lo puoi scopare». Apice della parabola satirica di Rockstar, Trevor è vittima delle aspettative: «Ehi, ecco il personaggio pazzo!». Dove Walt White era Fantozzi che diventava Scarface, il redneck canadese nasce e muore estremo: in mezzo a tutto quel rumore, le sue parole diventano inintelligibili.
(qui c’era un paragrafo su Franklin, a metà del quale chi scrive s’è addormentato per la noia. Al risveglio, il paragrafo era scomparso e nessuno ne sente la mancanza)
Il segreto dei Soprano o di BrBa non è nella mera glorificazione dei momenti di nulla, quanto nella capacità di trovare se non un’epica quantomeno una narrativa in vicende minuscole (una mosca, una collezione di trenini). Con GTAV, Rockstar ha imparato la teoria, dimostrando di non saperla applicare. Poco male: nel 2020 saluteremo VI come il Nuovo Nuovo Messia. Oggi abbiamo i cani che si accoppiano e i selfie con i cadaveri: ci avevano promesso la versione 2.0 del Grande Romanzo Americano, ci hanno regalato la miglior puntata di Jackass di sempre.
Grand Theft Auto V [id., USA 2013] SVILUPPATORE Rockstar North.
DISTRIBUTORE Rockstar Games, Take Two. PIATTAFORME Playstation 3, X-Box 360.
Open World/Azione/Guida/Avventura.