A misura d’uomo
Il 15 gennaio 2009, partito da LaGuardia e diretto a Charlotte sul volo della US Airways con 155 passeggeri a bordo, il pilota Chesley Sullenberger effettua un atterraggio d’emergenza sul fiume Hudson evitando un disastro aereo annunciato. Nessun morto. Sette anni più tardi la sua storia rivive grazie a Clint Eastwood che realizza una parabola umanista innervata di sobrietà scenica e lucidità di contenuto.
Sully, opera dal forte impatto civile, evita la trappola dell’esasperazione bulimica e del tono apocalittico (non un disaster movie, né un film giudiziario), per virare sull’esaltazione del capitale umano che, a partire dal singolo, sceglie la via perigliosa ma esemplare dell’autodeterminazione del sé. Siamo di fonte ad una codificazione in immagini che, senza (s)cadere nell’operazione-tributo, riflette sulla figura di spicco nell’immaginario collettivo americano: l’eroe nazionale contro il sistema. Guidato da un’idea di cinema “umano, troppo umano” in grado di raggiungere la perfezione della messa in scena, Eastwood riesce a creare un miracoloso equilibrio stilistico che non lascia spazio a scompensi narrativi, né a letture forzate, organizzando il racconto su blocchi temporali a sé stanti, tra flashback e allucinazioni post-traumatiche. E sta in equilibrio, proprio come il velivolo che, dopo l’incredibile ammaraggio, rimane sospeso sull’Hudson mentre offre le sue ali protettive come ancore di salvezza ai viaggiatori. Insomma, ciò che rende veramente speciale Sully – diminutivo dell’ingombrante Sullenberger – è il fatto di essere una pellicola-manifesto tanto concettuale quanto illuminata e consapevole, da cui è possibile ricavare significati metaforici e altri più aderenti ad un asciutto realismo. A chi lo vorrebbe trumpiano a tutti i costi, il regista oppone alla verticalità dei muri divisori l’orizzontalità delle ali dell’aereo su cui sono abbarbicate le persone; mentre, leggendolo fuor di metafora sul volto di Tom Hanks, con baffi e sguardo compassato, il film sovrappone, alle logiche utilitaristiche dell’agenzia federale che deve accertare il corretto operato del pilota, un antropocentrismo che svela empatia, senso di responsabilità e fallibilità tenace. Ancora una volta un eroe del quotidiano che pianifica la salvezza degli altri con perseveranza, bersagliato in seguito dai media e da una legge che lo ritiene colpevole di avere messo a repentaglio la vita dei passeggeri senza attenersi alle procedure protocollari. Il “mondo perfetto” di Clint accoglie e non divide, e le azioni dei suoi eroi, dal “falso movimento” di Kovalski che mima lo sparo al salvataggio del working class hero dei cieli, incitano a preservare un’umanità fragile ma consapevole, in bilico tra le falle di un sistema, quello sì, a rischio continuo di naufragio.
Sully [Id., USA 2016] REGIA Clint Eastwood.
CAST Tom Hanks, Aaron Eckhart, Laura Linney, Anna Gunn, Autumn Reeser.
SCENEGGIATURA Todd Komarnicki (tratta dall’autobiografia Highest Duty: My Search for What Really Matters di Chesley Sullenberger e Jeffrey Zaslow). FOTOGRAFIA Tom Stern. MUSICHE Christian Jacob, The Tierney Sutton Band.
Drammatico/Biografico, durata 95 minuti.