Crescere è…
Farsi guidare ciecamente dai sogni di quando si era bambini è una sfida notevole, poiché questi potrebbero essere esagerati, irrealizzabili o semplicemente ancora troppo desiderati per avere il coraggio di affrontarli.
Più comodo è sotterrarli da qualche parte nella memoria, dove non si corre il rischio di ritrovarli, anche solo per errore. È questa la filosofia di Margaret, determinata donna in carriera, all’apparenza completamente realizzata, sia nel lavoro che nella vita privata. Ma, il giorno del suo quarantesimo compleanno, le sue solide fondamenta tremano: il passato si ripresenta sotto forma di lettere, scritte di suo pugno e dirette a se stessa, alla precoce età di sette anni. Comincia così un lungo tuffo alla ricerca dei tasselli di un’infanzia sì difficile, ma anche spensierata, accantonata per lasciare spazio all’elegante arrivista che è diventata. Anche il regista Yann Samuell non esita a riscoprire vecchi stratagemmi, già utilizzati per il film precedente, Amami se hai coraggio: il tono della commedia mescolato con quello della fiaba fantastica, alternativi movimenti di macchina, colori ad effetto, un collage di personaggi umani e scene cartonate. Siamo lontani dal tragicomico surrealismo di Wes Anderson, regista americano costruttore di realtà apparentemente assurde ma per questo estremamente trascinanti; piuttosto c’è un evidente richiamo al mondo già esplorato dal connazionale Jean-Pierre Jeunet che invita lo spettatore a rincorrere l’universo colorato che i bambini costruiscono per stupire chi ha perso la capacità di emozionarsi. I due cineasti francesi tendono entrambi a costruire favole moderne. Ma, se ne Il meraviglioso mondo di Amélie la protagonista, anche se cresciuta, mantiene una spiccata vena ingenua e giocosa, Carissima me pone la realtà adulta come “personaggio” principale, arricchita di una nuova vitalità, di una cangiante girandola di mondi paralleli in cui gli eroi si tuffano ridenti. A causa della storia un po’ banale e soprattutto del finale scontato, Samuell purtroppo non riesce a bissare completamente l’idea messa in pratica nella sua pellicola precedente: vedere il mondo attraverso una prospettiva non normale, fatata e onirica che avrebbe dato un tocco originale all’insieme.