La solitudine del sole di mezzanotte
Basterebbero le musiche di Kjartan Sveinsson, membro dei Sigur Ros (alfieri della musica islandese nel mondo), per dire della tipicità di Passeri, secondo lungometraggio di Rùnar Rùnarsson: un romanzo di formazione che sembra convalidare – non senza pregi, anzi – alcuni preconcetti sul cinema nordico e scandinavo in particolare di taglio giovanile.
Il film racconta di Ari, un adolescente che si trasferisce dal padre – che non vede da anni – e dalla nonna nel paesino in cui è nato quando la madre va a lavorare in Africa. Qui non si sente più a casa e non riconosce più luoghi e persone della sua infanzia, ma la scoperta della sessualità lo aiuterà a riconfigurare se stesso. Rùnarsson – autore anche della sceneggiatura – racconta lo spaesamento dell’adolescenza in senso letterale, utilizzando il cambio di luoghi, le diverse percezioni di persone e paesaggi come metafora della crescita e del bisogno caratteriale e culturale di trovare strade in cui orientarsi, punti di riferimenti familiari, morali, artistici o più terrenamente fisici (la scoperta del corpo altrui) per conoscere e conoscersi, accettare e accettarsi. Il regista ha molto amore nella scrittura del suo protagonista e molta cura nel tratteggio del mondo che lo circonda: il limite di Passeri quindi è tutto – o quasi – di messinscena. Nel giocare con gli elementi tipici del cinema locale (laconico, rarefatto, vago e indistinto come la luce dell’estate che lo illumina nella fotografia di Sophia Olsson), Rùnarsson sembra volerne ribadire la maniera, sembra compiacersi proprio di quei cliché stilistici che raggiungono l’apice con degli scorci contemplativi sul paesaggio islandese che sanno di poesia a buon mercato. Però tra sviluppi prevedibili e qualche compiacimento di troppo, Passeri sa comunicare almeno in parte il malessere in fieri del suo protagonista, la silenziosa lotta per canalizzare la rabbia generazionale attraverso l’alternarsi di squarci desolati e aperture sulla bellezza (come la musica sacra che canta e contrappunta il film). Lo frenano le scelte di impaginazione, la fiducia eccessiva in un modello formale: come se avesse paura che lo spettatore di un film islandese si sentisse spaesato nel non riconoscere l’Islanda. Compiendo un percorso opposto a quello del suo protagonista.
Passeri [Þrestir, Islanda 2015] REGIA Rùnar Rùnarsson.
CAST Atli Óskar Fjalarsson, Ingvar Eggert Sigurðsson, Kristbjörg Kjeld.
SCENEGGIATURA Rùnar Rùnarsson. FOTOGRAFIA Sophia Olsson. MUSICHE Kjartan Sveinsson.
Drammatico, durata 99 minuti.