Paz scatenato
Quello relativo alla vita, ai fatti e ai misfatti di Vincenzo Pazienza (detto Paz o Diavolo della Pazmania) è per Hollywood un soggetto tanto allettante quanto “scomodo”. Intendiamoci: nella clamorosa vicenda del piccolo pugile di origini italiane che in seguito ad un devastante incidente d’auto non si arrende al proprio destino tornando sul ring a combattere (e a vincere) c’è molto, moltissimo cinema.
Pure troppo, se si considera che nella reale biografia di Vinny Paz sono presenti anche arresti per reati connessi all’alcol, violenza, assegni falsi e condotta scorretta. E difatti non è un caso che la bozza della trasposizione della sua storia sia stato messa in un cassetto per quasi cinque anni. Bleed – Più forte del destino, del redivivo regista Ben Younger (che avevamo lasciato allo zoppicante Prime del 2005), racconta tanto, ma non tutto. Soprattutto omette alcuni particolari “sconvenienti” e ne edulcora altri, procedendo a grandi balzi verso il tratteggio di un antieroe che non si è mai dato per vinto, sostituendo al (non eccelso) talento una impareggiabile forza di volontà. Il “nostro” Paz filmico non beve, ama tutte le fidanzate con cui ha a che fare ed è semplicemente un po’ sopra le righe (i famigerati “genio e sregolatezza” italici, secondo il cliché americano). Bleed procede come il suo protagonista: esaltato e sfacciato nella prima parte, rallentato e sfocato nel momento dell’incidente e forse troppo sbrigativo e sommario nell’atto della resurrezione, quando con molteplici salti spazio-temporali si passa dall’estrazione dei chiodi in testa post-operatori (MyMovies parla di “metafora cristologica del martirio, vista la somiglianza visiva del tutore – un esoscheletro simile ad un collare – con la biblica corona di spine”, uno spunto interessante) alla rivincita sul quadrato. Forse studiato a tavolino per gli Academy Awards (nel marzo 2016 il Los Angeles Times lo aveva inserito tra i “10 film di cui sentiremo parlare agli Oscar dell’anno prossimo”, cosa poi non accaduta), il film di Younger colpisce soprattutto per la minuziosa ricostruzione ambientale e scenografica (fotografia asciutta e inserti found footage, come se l’opera fosse stata girata “dal vivo” tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90) e per la caratterizzazione dei protagonisti: la duttilità di Miles Teller da un lato – che quasi replica la performance di Whiplash – e il leggero ma funzionale overacting di Aaron Eckhart dall’altro. Elementi nobili ma non sufficienti ad elevare al rango di culto una pellicola che innesca sì la curiosità per un personaggio sghembo e affascinante, senza riuscire tuttavia purtroppo a smarcarsi dai campioni del genere a cui guarda, fra i quali ovviamente spicca il Toro scatenato di Martin Scorsese (qui produttore esecutivo, a dimostrazione delle speranze riposte nel progetto).
Bleed – Più forte del destino [Bleed for This, USA 2016] REGIA Ben Younger.
CAST Miles Teller, Aaron Eckhart, Katey Sagal, Ted Levine.
SCENEGGIATURA Ben Younger. FOTOGRAFIA Larkin Seiple. MUSICHE Julia Holter.
Drammatico/Biografico/Sportivo, durata 107 minuti.