SPECIALE MITOLOGIA POP
No?Ah! No?Ah!
Cristo pietà, signore pietà. Non è l’inizio di Noah, bensì la fine, la mia personalissima esclamazione sul finale dell’ultimo film di Darren Aronofsky, uno dei tanti registi che sta dimostrando di non riuscire a mantenere il controllo dell’opera a fronte di una barca (ma sarebbe meglio dire un’arca) di soldi.
Lo ammetto, non sono un esperto conoscitore della Bibbia. In questi casi mi avrebbe fatto comodo leggere due pagine in più, però allo stesso tempo penso di aver visto abbastanza blockbuster americani da essere in grado di riconoscere il marcio là dove si forma sulla patina, digitale, dell’opera. Nella visione di Aronofsky, Noè è un patriarca che conosce le arti marziali, sia a mani nude che col bastone; ha un nonno, Matusalemme, dotato di enormi poteri taumaturgici; ha due figli maschi che vogliono incessantemente quella cosa lì (sì, avete capito) e una figlia trovatella che, beh, che è Emma Watson. Noè è l’ultimo della stirpe di Set, fratello di Caino, i cui discendenti sono invece degli uomini bestiali dediti solo alla guerra: venuti a conoscenza della costruzione dell’Arca, tenteranno di assaltarla in una riproposizione ante litteram della battaglia del fosso di Helm. Il loro capo riuscirà a nascondersi fra serpenti e capretti e a minare, anche solo per poco, il progetto divino. Utilizzando uno stile che a tratti ricorda alcuni esperimenti a metà fra cinema e fumetto, Aronofsky finisce per dirigere un blockbuster come tanti, scritto come copia e incolla da altri mille simili: un’unica grande sceneggiatura nella quale possiamo cambiare i nomi dei protagonisti a seconda dell’occasione. Sono lontani i tempi dello sperimentalismo di Requiem for a dream, Pi greco – Il teorema del delirio e l’emozionante minimalismo di The wrestler ; già ne Il cigno nero erano presenti indizi di un’incapacità a proteggere la storia dall’invadenza delle immagini. In Noah questo processo arriva a compimento, regalandoci un film di oltre due ore dove l’unica cosa che risalta è il trucco perfetto dei personaggi anche dopo mesi di traversata nel nulla. Segnali di una normalizzazione preoccupante che comincia mesi prima dell’uscita, con featurette e foto dal set e prosegue con i trailer, le anteprime e l’uscita in sala di un prodotto che non deve accontentare, ma nemmeno scontentare nessuno. Si deve uscire pensando di aver dato pace al cervello, di non aver dato peso alle implicazioni, terribili, del gesto di Noè e alla presenza dei giganti di pietra che lo aiutano a costruire l’Arca. Che poi questi giganti ci potevano anche essere nella Bibbia, ma con tutti quei soldi potevano evitare di crearli con Movie Maker.
Noah [id., USA 2014] REGIA Darren Aronofsky.
CAST Russell Crowe, Emma Watson, Jennifer Connelly, Anthony Hopkins, Ray Winstone.
SCENEGGIATURA Darren Aronofsky, Ari Handel, John Logan. FOTOGRAFIA Matthew Libatique. MUSICHE Clint Mansell.
Biblico/Drammatico, durata 138 minuti.