Zuppa di piranha!
Un’esperienza da parco giochi come una corsa sulle montagne russe. Questo e ciò che Alexandre Aja ha cercato per il suo ultimo remake.
Uno spettacolo con tanto sangue, un po’ di suspance spicciola, e tanti effetti a sorpresa che, grazie alle nuove tecnologie digitali, hanno certamente una grande presa sul pubblico. Improvvise immersioni in grotte subacquee, musica, scivoli e altre attrazioni. Ma le feste e le piacevolezze dello Spring Break vengono interrotte dai piranha: piccole macchine assassine pronte a combattere contro la società dell’immagine e del consumo.
Come il rifacimento del 2006 di Le colline hanno gli occhi di Wes Craven voleva essere una critica sociale e politica all’America delle armi nucleari, così Piranha 3D è un’accusa alla società capitalista. Questo è facilmente intuibile nell’ironica immagine dei resti galleggianti della mastoplastica della bella sirena Crystal (Riley Steele); o dal membro, assaggiato e poi sputato, del regista Derrick Jones (Jerry O’Connell); o ancora dalla “wild wild girl” Danni (Kelly Brook) acchiappata per i lunghi e fluenti capelli dai piranha. Ma Alexandre Aja non si limita a queste immagini per mettere in scena la sua amara e ironica satira. Tutto il film è il risultato di una sceneggiatura spavalda e divertita. Accanto allo sceriffo Forester (Elisabeth Shue), mamma del protagonista Jake (Steven McQueen), il modesto tenente Welleger (Ving Rhames) nel mezzo della carneficina umana a pelo d’acqua solleva, con insolente spensieratezza, il motore di una barca e inizia a utilizzarlo come un enorme frullatore; il risultato: zuppa di piranha! Ma le bestie feroci non sono ancora sconfitte. È il signor Goodman (Christopher Lloyd) che, con i suoi soliti occhi spiritati a cui ci siamo già abituati, a svelare le ultime scoperte scientifiche su questi animali preistorici. L’umanità non è ancora in salvo!
Bisogna accettare il sangue, la paura, e l’evidente ilarità della sceneggiatura per apprezzare questa pellicola. La terza dimensione e gli effetti speciali sono finalizzati alla sorpresa e al coinvolgimento dello spettatore più che a un qualsiasi realismo. Bisogna restare fermi proprio come se ci trovassimo nel vagone di una montagna russa: accettare il gioco e lo splatter più corposo lasciandoci completamente nelle mani del regista.