Il vestito nuovo del re(ale)
Stella cadente di Lluís Miñarro è diviso in due tempi, esplicitamente marcati da titoli a caratteri bianchi. Il primo tempo è l’ascesa, il secondo è la caduta, come in un tempo in battere e levare l’uno completa l’altro in un tutt’uno chiuso e armonico.
La decisione di indagare col cinema la figura di Amedeo I di Spagna, sul trono dal 1871 al 1873, non ha interessi specifici. Come nei tanti film prodotti da Miñarro, il soggetto ha solo una parte, assolutamente non preminente, nel risultato finale: la sostanza sta nei modi realizzativi, nella messa in scena, nell’idea di cinema che presuppone e previene il soggetto. Amedeo è un personaggio certamente intrigante, figlio del primo re d’Italia Vittorio Emanuele II, dopo una giovinezza ardita nell’arte militare e amatoria, venne nominato re di Spagna per elezione, nel tentativo di porre fine all’annosa questione spagnola per la successione al trono. Ma la sua distanza dalle logiche di potere spagnole, le difficoltà diplomatiche e linguistiche, il repentino sfavore acquistatosi da parte del popolo, ne mostrarono ben presto le lacune governative e l’impossibilità di una durevole stabilità. Il suo potere fu contrastato, privato di autorità, inapplicato e inapplicabile: fu un non-potere. La regia lavora su tutto ciò rifiutando ogni impostazione tipicamente storicista in favore di un approccio che in molti hanno erroneamente definito surreale. Piuttosto si può dire che l’autorialità di Miñarro – sì, si può ritirare fuori il vecchio concetto di autore – si esplica con mezzi che possono dirsi simbolisti. Il sonoro è preziosissimo e sottile, non è realistico, è un contrappunto all’immagine, alla parola, quest’ultima induce il sonoro, quasi come se dire fosse creare e dal chiuso del palazzo reale bastasse immaginare il mondo per controllarlo. Gli ambienti spogli ed i ritmi lenti accentrano tutta l’attenzione sui protagonisti, sezionati, messi a nudo, reificati dal coltello dell’inquadratura, dalle luci, dagli specchi che identificano realtà e pittura. È un cinema della sorpresa, della tensione della stasi, dell’eroticizzazione degli ambienti chiusi, che toglie la necessità di azione ai personaggi che si muovono come interiorità limitate dai corpi, quasi sempre statici, se non negli sfoghi sensuali che li uniscono, come in un fitto reticolato. Di tanto in tanto appare una tartaruga sul cui carapace ne è messo uno di oro e pietre preziose: è la sintesi simbolica del film, un potere lento, limitato, che arriva sempre in ritardo. Eppure le idee di Amedeo, a suo dire, sono democratiche, sono per il progresso, il linea con quelle parlamentari, allora perché l’idea non può applicarsi alla realtà? È la stessa provocante domanda di Miñarro: può un’idea di cinema applicarsi a qualsivoglia genere, anche il più realistico?
Stella cadente [Estel fugaç, Spagna 2014] REGIA Lluís Miñarro.
CAST Alex Brendemühl, Bárbara Lennie, Lorenzo Balducci, Lola Dueñas, Àlex Batllori.
SCENEGGIATURA Lluís Miñarro, Sergi Belbel. FOTOGRAFIA Jimmy Gimferrer. MUSICHE Dani Fontrodona.
Storico, durata 105 minuti.