SPECIALE OSCAR 2018
Nella bocca della tigre
In nome dell’Arte la Storia si può plasmare, modificare, ridimensionare. Basti pensare alla catartica morte di Hitler in Bastardi senza gloria, che sfacciatamente ridisegna la realtà come un film di fantascienza o come un viaggio nel tempo. Se l’opera di Tarantino affonda però le mani nel postmoderno, con L’ora più buia siamo apertamente di fronte ad un esemplare esercizio di retorica.
Non perché ci si inventi una diversa Seconda Guerra Mondiale, ovviamente, quanto piuttosto per il tratteggio del protagonista Winston Churchill, che grazie all’interpretazione gigante di Gary Oldman, alla regia di Joe Wright e alla sceneggiatura di Anthony McCarten diventa un eroe (quasi) senza macchia e senza paura, un’icona di fermezza a cui vengono abbuonati gli errori passati e che letteralmente si mangia qualunque altro carattere in gioco, si tratti della moglie Clementine o del re Giorgio VI. Se l’agiografia fosse un genere a sé (un genere tra l’altro molto apprezzato agli Oscar), L’ora più buia ne sarebbe un campione indiscusso. È questo il prezzo da pagare per godere appieno di una pellicola che allo spettatore regala molto: un’ambientazione eccezionale, ad esempio, perché fin dalla prima sequenza sembra davvero di essere nel 1940 (le sedute del Parlamento britannico, le riunioni d’emergenza nelle stanze dei bottoni, le case polverose e scricchiolanti di cui sembra di sentire l’odore); una prova attoriale oltre la semplice mimesi (Oldman non fa Churchill, lo è); una resa efficace e “istantanea” del dilemma che ha attanagliato una nazione (cedere alla Germania nazista o proseguire un conflitto massacrante). Per gli amanti delle saghe poi, sembra quasi di assistere in questi anni ad un historic cinematic universe, un percorso di rieducazione storica a 24 fotogrammi al secondo in cui L’ora più buia diventa midquel e anello di congiunzione fra Il discorso del re e il Dunkirk nolaniano di qualche mese fa: nel momento più critico Churchill darà il via all’Operazione Dynamo, con le imbarcazioni civili chiamate a raccolta per soccorrere i soldati imbottigliati a Dunkerque, e con l’appoggio del sovrano inglese. Con il materiale a disposizione Wright (che conosciamo già per le trasposizioni di Orgoglio e pregiudizio e Anna Karenina) compie un lavoro egregio, forse l’unico possibile per rendere interessante e “vendibile” un personaggio del genere al pubblico di oggi. E se, come disse lo statista Churchill, «l’uomo inciampa occasionalmente nella verità, ma la maggior parte delle volte si rialza e va avanti», l’ardita mescolanza di realismo e romanzo ci sembra qui accettabile e ben dosata, anche se dobbiamo chiudere più di un occhio nella stonatissima scena della metropolitana, frutto di (brutta) fantasia ma fondamentale per una chiusa coerente del film.
L’ora più buia [Darkest Hour, Gran Bretagna 2017] REGIA Joe Wright.
CAST Gary Oldman, Kristin Scott Thomas, Lily James, Ben Mendelsohn, Ronald Pickup.
SCENEGGIATURA Anthony McCarten. FOTOGRAFIA Bruno Delbonnel. MUSICHE Dario Marianelli.
Biografico/Drammatico/Storico, durata 114 minuti.