Louis Zamperini: tutto corpo poca anima
È una storia amara che celebra un’intera Nazione quella che Angelina Jolie sceglie per tornare dietro alla macchina da presa dopo Nella terra del sangue e del miele. La regista non poteva sbagliare Unbroken o almeno sembrava impossibile sulla carta; ma fin da subito è evidente che qualcosa nell’ingranaggio si inceppa.
Jolie aveva una storia (quella epica di Louis Zamperini, atleta olimpico americano naufrago per 47 giorni, prigioniero di guerra nei campi di lavoro giapponesi), una sceneggiatura (scritta dai fratelli Coen), una musica (di Alexandre Desplat); eppure Unbroken sta un passo indietro. Un eroe sofferente, quasi apostolico. Un uomo ridotto all’osso, quasi cristologico, e la Seconda Guerra Mondiale tra le pieghe del suo essere. Il sacrificio per la patria, la fatica del sopravvivere, il dolore fisico non servono a comprendere l’uomo. Il naufragio e la prigionia avrebbero dovuto tirare fuori la carica umana di Zamperini/Jack O’Connell, invece ciò che emerge è una figura involuta in sé. Jolie pedina i suoi tre soggetti in balìa dell’Oceano ma non arriva mai al punto, stando in uno spazio incredibilmente dilatato; ad espandersi non è Zamperini ma il mare (vuoto) che lo attornia. Seguiamo il degrado fisico, non sentiamo la bocca arsa, la fame che monta, la fede del guerriero. Durante la reclusione le cose non cambiano: la regista si dimentica della “realtà” del soldato e il prigioniero, piegato dall’occhio della regista, non ha “pesante umanità”, è involucro tutto ferite, grumo di sporco e ossa; non può esistere solo il travaglio del corpo. Le immagini sono evidentemente dolorose, ma soffriamo più per la loro composizione in sé che per il personaggio. Vediamo la guerra scorrere, simbolo della teoria del movimento, assistiamo al martirio dell’individuo saggiandone l’esasperazione. Zamperini che sostiene il “Legno” di fronte al carnefice diventa simbolo di un’agiografia, dichiarazione d’intenti della sua regista, fulcro del film stesso, Cristo in Croce che patisce e poi perdona – come sappiamo dalla storia “carnale” di Louis. Sono ancora un uomo. Una storia epica di resistenza e coraggio: così Laura Hillenbrand intitola il libro da cui i Coen hanno tratto la sceneggiatura, questo avrebbe dovuto fare Angelina Jolie. La regista invece rende santo l’uomo, non racconta l’essere americani e la Storia americana, utilizza cliché svuotati di senso (vittima-carnefice), non trovando strade alternative, comprime il sentimento, non acquisendo rigore. Unbroken sembra essere più interessato al fuori che al dentro, più alla forma che al contenuto.
Unbroken [id., USA 2015] REGIA Angelina Jolie.
CAST Jack O’Connell, Domhall Gleeson, Garrett Hedlund, Jai Courtney, Alex Russell.
SCENEGGIATURA Joel e Ethan Coen, William Nicholson. FOTOGRAFIA Roger Deakins. MUSICHE Alexandre Desplat.
Drammatico, durata 137 minuti.